L'opera Migrant Child realizzata da Banksy a Venezia - Robert Moranelli/Flickr
L'opera Migrant Child realizzata da Banksy a Venezia - Robert Moranelli/Flickr

Verso il nuovo governo Meloni: migranti e cittadinanza

La posizione di Fratelli d'Italia sull'immigrazione è netta: il partito di Giorgia Meloni vuole risolvere la questione sul nascere attraverso il blocco navale, un sistema difficile da attuare. Altrettanto intransigenti le politiche sull'accesso alla cittadinanza, con le discussioni su ius soli e ius scholae che ora rischiano di arenarsi

Marco Panzarella

Marco PanzarellaRedattore lavialibera

27 settembre 2022

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È soprattutto sul tema sicurezza che Fratelli d’Italia ha costruito il proprio consenso. Perché, come sostengono dal partito, “la sicurezza è alla base della convivenza sociale e garantisce sviluppo e benessere”. Il nemico da affrontare sono le “vecchie e nuove forme di criminalità” e, in particolare, l’immigrazione illegale che “minaccia la qualità della vita dei cittadini”. Per risolvere il problema, la leader Giorgia Meloni punta a sorvegliare i confini nazionali ed europei, con una serie di proposte che vanno dal controllo delle frontiere al blocco degli sbarchi “per fermare, in accordo con le autorità del Nord Africa, la tratta degli esseri umani”. 

Nel programma elettorale che ha portato alla vittoria, il partito chiede all’Unione europea di “assumersi maggiori responsabilità, soprattutto in Nord Africa, Africa sub-sahariana e Medio Oriente, nell’ottica di attuare una strategia condivisa per il contrasto all’immigrazione clandestina, al terrorismo e alla criminalità. Questo significa una maggiore disponibilità ad intervenire per stabilizzare le crisi sul “fronte Sud”. Tale impegno implicherà anche lo sviluppo di una base industriale e tecnologica italiana ed europea, utile a stimolare la cooperazione tra gli stati. Il progressivo disimpegno occidentale ha lasciato dietro di sé un vuoto che altre potenze, come Russia, Cina, Turchia e i Paesi del Golfo, stanno riempiendo a nostro discapito”.

FdI chiede all’Unione europea di “assumersi maggiori responsabilità, soprattutto in Nord Africa, Africa sub-sahariana e Medio Oriente, per attuare una strategia condivisa di contrasto all’immigrazione clandestina"

Durante la campagna elettorale, il leader della Lega Matteo Salvini ha puntato con decisione sui decreti sicurezza da lui stesso voluti tra il 2018 e il 2019, quando ricopriva il ruolo di ministro dell’Interno. Quelle norme sono state poi modificate – e in un certo senso “ammorbidite” – nell’ottobre 2019, ma anche nella loro versione originaria non hanno mai convinto del tutto Meloni, secondo cui la soluzione più efficace è bloccare le partenze, non gli arrivi. Sul punto, FdI prevede “la creazione di hot-spot nei territori extra-europei, gestiti dall’Ue, per valutare le richieste d’asilo e distribuzione equa solo degli aventi diritto nei 27 Paesi membri”. Si tratta del cosiddetto blocco navale, una vera e propria azione militare condotta dalle forze armate di uno o più stati nei porti di paesi terzi. A contraddire Meloni è però l’ex magistrato e compagno di partito Carlo Nordio, che su La7 ha spiegato che “il blocco navale, inteso come cintura di navi da guerra nel Mediterraneo, è impraticabile".

Così la politica ha criminalizzato i soccorsi in mare

Riguardo agli accessi in Italia, il partito punta a gestire gli ingressi regolari e a incentivare il rientro di italiani dall’estero e oriundi italiani. Meloni auspica quindi la stipula di accordi tra Ue e Stati terzi “per la gestione dei rimpatri di clandestini e irregolari, subordinando gli accordi di cooperazione alla disponibilità al rimpatrio degli Stati di provenienza”. Nel mirino del partito anche le Ong “che favoriscono l’immigrazione clandestina”. Infine, il programma promette “massima intransigenza contro ogni forma di antisemitismo, razzismo e integralismo islamico”.

Cittadinanza vietata

Meloni si è sempre opposta alla riforma di leggi per concedere la cittadinanza agli stranieri e ai loro figli. Lo scorso dicembre, intervistata da lavialibera, la leader di FdI aveva ribadito la propria contrarietà allo ius soli, vale a dire l’acquisizione dello status di italiano per chi nasce sul territorio nazionale, al di là della cittadinanza dei genitori. “La nostra normativa non è più restrittiva di quella in vigore negli altri stati europei – aveva spiegato Meloni – anzi, è per molti aspetti più generosa. Piuttosto, io vedo un altro rischio. Una legge troppo permissiva per l'ottenimento della cittadinanza, potrebbe mettere in difficoltà l'Italia proprio nei rapporti con gli altri stati europei, dal momento che ogni cittadino di uno stato membro diventa cittadino europeo”.

Per Meloni "la nostra normativa sull'accesso alla cittadinanza non è più restrittiva di quella in vigore negli altri stati europei, anzi è per molti aspetti più generosa"

Già nel 2017, quando il disegno di legge sullo ius soli era già stato approvato alla Camera ed era in procinto di essere discusso dal Senato, Meloni scriveva su Facebook: “Disastrosi i dati sulla demografia dell'Istat, per il secondo anno consecutivo i bambini nati in Italia sono stati meno di 500 mila. A questa sciagura si aggiunge l'esodo di oltre 76mila nostri concittadini che non risiedono più qui ma se ne sono andati all'estero. Di fronte a questo quadro desolante le uniche risposte dei governi di sinistra sono finanziare l'invasione per sostituire gli italiani con gli immigrati e regalare la cittadinanza con lo ius soli”.

Riforma della cittadinanza: lo ius soli non serve?

A fronte di una chiusura totale sullo ius soli, Meloni si è detta invece pronta a confrontarsi su “ipotesi ragionevoli” di ius culturae, sottolineando però che “non può bastare un ciclo scolastico di cinque anni o un corso di formazione di tre per pensare che un giovane straniero sia integrato in Italia. L'influenza familiare e di contesto, in particolare per i giovani musulmani, è particolarmente forte e incisiva. Basta guardare la Francia per rendersi conto che la cittadinanza facile non ha prodotto maggiore integrazione. Anzi, oggi seconde e terze generazioni di stranieri vivono una condizione di separazione dal resto della società che anche il moderato Macron dichiara di voler combattere”.

Ius culturae, la terza via per la cittadinanza

Sullo ius scholae l’approccio di Fratelli d’Italia torna a essere intransigente, come provano le centinaia di emendamenti presentati dal partito, che insieme alla Lega mirava a rallentare l’iter legislativo del testo unificato, adottato a giugno dalla commissione Affari costituzionali della Camera. Il testo intendeva apportare alcune modifiche alla legge 91 del 1992, ossia alle norme sulla cittadinanza. La più rilevante è l'introduzione di un articolo, il comma 2-bis dell’articolo 4 del testo, che prevede l’accesso alla cittadinanza italiana per bambini e bambine con genitori stranieri, nati in Italia o arrivati in Italia entro i 12 anni di età, se hanno risieduto “legalmente e senza interruzioni” e se hanno frequentato “regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici di istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione, oppure percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale". 

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