28 febbraio 2023
Testo e ricerche di Natalie Sclippa e Paolo Valenti
Elaborazione grafica di Davide Romanelli
Ci sono anni spartiacque, che segnano una divisione netta tra il passato e il futuro. Il 2022, per alcuni aspetti, può essere annoverato tra questi. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha accelerato da un lato la precarietà e l’instabilità dei mercati, con un’inflazione su base annua che si è attestata in Italia all’8,1 per cento, segnando un record dal 1985; dall’altro ha attivato dei meccanismi di protezione che non erano mai entrati in funzione, come quello che ha permesso a circa cinque milioni di ucraini di ricevere lo status di rifugiato all’interno dell’Unione europea. A livello globale, si è tornati a prediligere le fonti fossili, ostacolando di fatto la corsa verso le rinnovabili: sono stati emessi 36,6 miliardi di tonnellate di gas climalteranti, con un aumento dell’1 per cento rispetto al 2021. Qualunque sia la prospettiva, i dati dello scorso anno mettono in guardia su violazioni dei diritti e disuguaglianze, che rischiano di aumentare.
C’è un numero che finora è sempre cresciuto, fino a toccare cifre mai viste. È quello della popolazione mondiale, che tra ottobre e novembre ha raggiunto gli otto miliardi di persone. Mentre le condizioni di vita di molti continuano a essere pessime a causa dei conflitti, della caccia spasmodica al profitto, delle disuguaglianze e della crisi climatica. Le conseguenze si mostrano in tutta la loro drammaticità: come segnala l’Unhcr, più di 100 milioni di persone hanno lasciato la propria casa a causa di guerre, violazioni dei diritti umani e crisi umanitarie, un record assoluto. Così, mentre i poveri diventano sempre più poveri – con una stima di 800 milioni di persone che soffrono la fame – i ricchi sono sempre più privilegiati: secondo l’ultimo rapporto Oxfam, le aziende alimentari e dell’energia hanno più che raddoppiato i loro profitti negli ultimi dodici mesi e riempito le tasche degli azionisti più abbienti di 257 miliardi di dollari. C’è anche un altro settore che continua a essere finanziato in maniera cospicua. Si tratta del comparto bellico: secondo i dati Sipri, le spese militari globali hanno superato i 2mila miliardi di dollari per la prima volta nella storia. L’equivalente dell’intero pil italiano.
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