21 marzo 2010, folla in piazza Duomo
21 marzo 2010, folla in piazza Duomo

21 marzo, Libera a Milano: il riscatto dalla mafia è possibile

Tredici anni dopo, si tiene nuovamente a Milano la Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Oggi come allora la Lombardia è alle prese con la criminalità organizzata, che è presente nel tessuto sociale e imprenditoriale. Attesi nei prossimi mesi nuovi scossoni giudiziari in grado di fare saltare i piani delle mafie

Lorenzo Frigerio

Lorenzo FrigerioCoordinatore di Libera Informazione

20 marzo 2023

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Tredici anni dopo l’edizione del 2010, il 21 marzo torna a Milano la Giornata della memoria e dell’impegno, promossa da Libera in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Nel frattempo, tra covid e guerra in Ucraina, è cambiato il mondo, ed è difficile in questo momento fare ipotesi sulle possibili presenze in piazza del Duomo, dove il corteo guidato dai familiari delle vittime arriverà per la lettura dei nomi delle 1.069 vittime, con una doverosa integrazione dell’ultima ora, rappresentata dall’inserimento nell’elenco dei migranti naufragati al largo delle coste di Cutro, in Calabria.

21 marzo a Milano: Libera e l'elenco delle vittime di mafie, una scelta complicata

Milano 2010

Nel 2010 si scelse di anticipare la manifestazione a sabato 20 marzo, in modo da favorire l’intervento di studenti, cittadini e associazioni. La macchina organizzativa era partita in ritardo, il quadro politico locale era a dir poco confuso: un prefetto, una sindaca e un governatore che “glissavano” amabilmente sulla presenza delle mafie in città e in regione e non accettavano che si parlasse di questo a Milano e in Lombardia. Le previsioni più ottimistiche quindi si attestavano sui 15-20mila partecipanti: ecco perché la sorpresa fu vera quando, alla fine, si contarono ben 150mila presenze.

Il 21 marzo 2010 in piazza Duomo erano previsti 15-20mila partecipanti, alla fine se ne contarono 150mila

Se quel giorno arrivarono così in tanti non fu merito solo della rete associativa messa in campo da Libera e del lavoro svolto in poche settimane: a distanza di qualche mese, nel luglio dello stesso anno, fu l’operazione Crimine/Infinito a chiarire i contorni di una partecipazione inaspettata, ma spiegabile soltanto con il fatto che la pressione esercitata dalle cosche sul tessuto sociale ed economico era diventata tale da spingere la gente in piazza alla prima occasione utile.

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Come fu acclarato dalle indagini condotte dai magistrati delle Ddaa di Milano e Reggio Calabria, era ormai in atto una profonda “colonizzazione” da parte delle locali di ‘ndrangheta, capaci con la loro azione pervasiva di mettere solide radici in Lombardia. Uno schiaffo inferto alla politica e alla pubblica opinione che, fino ad allora, non avevano fatto i conti con la questione criminale, nonostante le quasi 3mila condanne ottenute dalla procura di Milano per associazioni mafiosa del decennio precedente. Un risultato ai tempi passato inosservato, ma che già avrebbe dovuto mettere in allarme la regione, considerata da sempre come la locomotiva virtuosa dell’intero Paese.

Milano e la Lombardia oggi

Sono passati tredici anni da allora e la città e la regione si trovano in una situazione che sembra – il condizionale in questi casi è d’obbligo – ripresentarsi con tratti simili, pur con le opportune distinzioni. Sul versante criminale è in atto una vera e propria recrudescenza del fenomeno mafioso. Tra la fine dello scorso anno e l’inizio del 2023, infatti, sono stati eseguiti 49 arresti a Rho (Mi), altri 10 a Pioltello (Mi), 73 equamente ripartiti tra le province di Brescia e Bergamo e quella di Cosenza e, per finire, altre 10 ordinanze di custodia cautelare nel cratere mantovano della ricostruzione post terremoto in Emilia Romagna, dove i mafiosi cercavano di accaparrarsi i fondi destinati a sanare l’emergenza.

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Leggendo le carte di queste operazioni condotte dalle forze dell’ordine, è possibile risalire a un unico filo rosso che lega gli affari criminali, rappresentato dai nomi delle famiglie mafiose di ‘ndrangheta già presenti nelle inchieste Crimine/Infinito e successive: a Rho il clan Bandiera; a Pioltello le famiglie Manno e Maiolo; tra Brescia e Bergamo i Bellocco; nel mantovano la cosca di Grande Aracri, originaria proprio di Cutro.

In Lombardia è in atto una vera e propria recrudescenza del fenomeno mafioso: centinaia gli arresti da inizio anno

Scontate le condanne e riacquistata la libertà, questi pregiudicati sono tornati a fare quello che riesce loro meglio: i criminali, anzi i mafiosi, anche perché non avendo collaborato con la giustizia il periodo di detenzione è diventato per loro una sorta di medaglia, utile per  la scalata interna alla famiglia. Tutte queste inchieste mettono in luce una pericolosa continuità con il passato, ma evidenziano soprattutto un dato ancora più drammatico: politici, imprenditori e cittadini si sono rivolti alla criminalità organizzata, ben sapendo con chi avevano a che fare, anzi proprio perché confidavano in un suo aiuto. Come avvenuto a Pioltello, durante la campagna elettorale, dove un candidato sindaco è risultato avere frequentazioni con la famiglia Maiolo, eticamente discutibili.

Indifferenza, ma anche riscatto

Il problema, ancora una volta, diventa quello che si muove attorno alla consorteria mafiosa e che rafforza il potere della mafia, pur con il trascorrere del tempo. Se vent’anni fa era possibile accampare alibi sulla base dell’ignoranza, oggi a Rho, Pioltello, Bergamo, Brescia, Mantova, così come a Milano e in Lombardia, regna sovrana l’indifferenza. Purtroppo ancora in tanti pensano che la mafia sia un problema che non li riguarda da vicino e che comunque saranno altre figure – magistrati e “sbirri” – a doversene occupare. Intanto le radici criminali attecchiscono sempre più e scendono in profondità.

Il problema è l’indifferenza: in tanti pensano che la mafia sia un problema che debbano risolvere altri: magistrati e "sbirri"

Percorrendo in lungo e largo la Lombardia, durante la preparazione della manifestazione del 21 marzo, abbiamo notato una grande voglia di partecipazione e di riscatto. Nei moltissimi incontri organizzati nelle scuole, con le associazioni e gli enti locali, con i sindacati e il mondo della cooperazione, abbiamo percepito il desiderio di contarsi e di contare su un cambiamento che “è possibile” – lo slogan del 21 marzo a Milano – solo se ciascuno decide di impegnarsi.

Al nord, antimafia è uscire dalla comfort zone

Milano e la Lombardia hanno una lunga tradizione di impegno su questi temi, dal pionieristico Coordinamento insegnanti e presidi contro la mafia, fondato all’indomani dell’uccisione del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, a Società Civile, in prima fila nello scoperchiare il maleodorante pentolone di Tangentopoli, per finire alle esperienze degli ultimi vent’anni, prima con i percorsi di Libera e di altre associazioni e poi con il capillare lavoro nelle università di Milano, a partire dai percorsi inaugurati dal figlio del generale ucciso a Palermo, Nando dalla Chiesa.

Lotta alle mafie, nessuna scorciatoia

In questo tessuto solido sono cresciute generazioni di studenti e altre continuano a farlo, i più grandi di loro sono diventati professionisti e sindaci, giornalisti e imprenditori e oggi sono la prima trincea nel contrasto alle organizzazioni mafiose. Nei prossimi mesi è ormai quasi certo che in Lombardia ci saranno altri scossoni giudiziari, altri blitz delle forze dell’ordine in grado di fare saltare i piani delle organizzazioni mafiose. E avremo ancora una volta la conferma del fatto che la Lombardia è la seconda regione, dopo la Calabria, per la presenza della ‘ndrangheta

Zona grigia, dove si incontrano mafie, affari e politica

Siamo sicuri, però, che il 21 marzo 2023 segnerà un punto di non ritorno nella presa di coscienza collettiva e ci auguriamo che, oltre a regalare un abbraccio caldo e partecipe ai 500 familiari delle vittime delle mafie, da piazza del Duomo parta un segnale forte e chiaro al Governo e al Parlamento: sulla lotta alle mafie non si accettano scorciatoie e sottovalutazioni, sul contrasto alla corruzione non sono consentiti passi indietro, perché c’è una società civile e responsabile che è pronta a fare la propria parte.
Milano e la Lombardia ci sono, lo Stato ci sarà?

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