Cocaina e soldi, materiali sequestrati dai carabinieri nel corso dell'operazione "Game over" contro i clan di Foggia
Cocaina e soldi, materiali sequestrati dai carabinieri nel corso dell'operazione "Game over" contro i clan di Foggia

A Foggia la cocaina unisce persino i clan rivali

I clan foggiani hanno fatto pace per non perdere neppure una briciola dei guadagni dello spaccio nella Capitanata. Duecentomila euro al mese, grazie a una forte richiesta di consumo cui la mafia risponde con prontezza

Luca Pernice

Luca PerniceGiornalista

24 luglio 2023

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Hanno messo da parte le loro rivalità e il loro antagonismo per gestire insieme il traffico di droga. A Foggia gli esponenti del clan Moretti-Pellegrino-Lanza e Sinesi-Francavilla, storicamente rivali, sono stati disponibili a una stretta di mano pur di non perdere neppure una briciola dei proventi dello smercio di cocaina. Duecentomila euro al mese per oltre 50mila dosi vendute ogni mese sulla piazza foggiana. È questa la fotografia più aggiornata sulla Società Foggiana, l’organizzazione criminale della città capoluogo, emersa oggi attraverso l’inchiesta Game Over che ha portato in carcere 82 persone, l'operazione antimafia più imponente mai registrata in Capitanata.

Leggi lo speciale sulle mafie foggiane

A tutti viene contestata l'aggravante del metodo mafioso e di aver agevolato i clan: tra gli arrestati anche nomi noti della mala locale, come Rocco Moretti e Ciro Francavilla, mentre nei documenti dell'inchiesta compare anche il nome di Roberto Russo, detto “il Colombiano”, ucciso a Foggia il 25 marzo dello scorso anno.

Le mafie foggiane sono i gruppi criminali attivi nella Capitanata, l’area nord della Puglia che coincide con la provincia di Foggia.
Gli inquirenti distinguono quattro organizzazioni principali:
La Società foggiana, che opera prevalentemente nel capoluogo e in alcuni comuni della provincia. Nata a metà degli anni Ottanta, è stata riconosciuta sul piano giudiziario solo nel 1994, dopo l’uccisione del costruttore foggiano Giovanni Panunzio e il relativo processo.
La mafia garganica, definita anche mafia dei montanari, presente a Manfredonia e nei Comuni del promontorio del Gargano. Emersa già negli anni Settanta, è stata a lungo considerata una faida tra pastori. Nel 2006, con la sentenza Iscaro-Saburo, un tribunale l’ha qualificata come mafia per la prima volta.
La mafia cerignolana, legata alla città di Cerignola e ai Comuni del basso Tavoliere, con proiezioni anche in Lombardia. Cresciuta negli anni Novanta, è stata oggetto di un maxiprocesso denominato Cartagine, conclusosi nel 1997 con 15 ergastoli oltre alle altre sentenze di condanna.
La mafia sanseverese, indica un quarto gruppo presente nel territorio di San Severo. Negli ultimi anni, in particolare dopo l’inchiesta Ares del 2019, è stata riconosciuta dagli inquirenti come realtà autonoma rispetto alla Società foggiana, di cui prima era parte.
Le mafie foggiane mostrano comportamenti simili a quelli della ‘ndrangheta per quanto riguarda la struttura basata su legami familiari, ruoli e gerarchia, ma anche forti assonanze con i modi d’agire più violenti della vicina camorra. Sono molto radicate nel territorio in cui operano e, allo stesso tempo, capaci di stabilire collaborazioni con altri gruppi nazionali o sullo scacchiere internazionale.
Dal 1978 ad oggi sono stati registrati nel foggiano oltre 300 fatti di sangue di matrice mafiosa, di questi solo il 20 per cento è stato risolto. Pochissime le denunce da parte delle vittime e nessun collaboratore di giustizia fino ad anni recentissimi

L’inchiesta ricalca quanto già emerso in parte con Decimazione e Decimabis le due operazioni che negli anni passati hanno svelato un sistema di estorsioni messe a segno ai danni di commercianti e imprenditori della città. Anche in questa nuova inchiesta emerge un "sistema" - come gli stessi indagati chiamano la gestione del traffico di droga a Foggia - che, stando alle carte, avrebbe portato nella cassa comune duecentomila euro al mese.  Cassa comune che doveva servire per “la spartenza” ossia lo stipendio per gli appartenenti al clan, per sostenere i sodali detenuti, per pagare le spese legali e per l’approvvigionamento della droga. Inoltre, in base ad un patto siglato tra Rocco Moretti, soprannominato il “Porco”, capo storico della Società, e Federico Trisciuoglio, detto lo Zoppo, morto per un male incurabile nell’ottobre del 2022, una parte del denaro doveva andare anche all’altra batteria, quella degli “Trisciuoglio – Prencipe - Tolonese”. 

Mafia garganica: è il tempo dei pentiti

A Foggia solo cocaina della Società 

La conferenza stampa di presentazione dell'operazione Game over
La conferenza stampa di presentazione dell'operazione Game over

La Società Foggiana avrebbe dunque imposto – anche con ritorsioni armate – a chiunque l’obbligo di spacciare a Foggia esclusivamente la cocaina che veniva fornita dalle tre batterie. Droga, acquistata a Cerignola e a San Severo, che veniva venduta a 55 euro al grammo – invece del prezzo di 48 euro al grammo applicato da chi non faceva parte del sodalizio.  Lo spaccio era organizzato in modo certosino e capillare, con una con una fitta rete di venditori inquadrati in squadre e ripartiti secondo il livello operativo: c’erano quelli della “lista dei grossi” e quelli della “lista dei piccoli” a cui venivano distribuiti con cadenza regolare, mediante consegna a domicilio, “stock” prestabiliti di cocaina, nell'ordine delle centinaia di grammi i primi e delle decine di grammi i secondi. I vertici delle batterie si incontravano spesso per pianificare nei minimi dettagli l’attività e anche per aggiornare le “liste di contabilità”, il denaro realizzato dagli spacciatori che veniva riscosso da sodali con questo compito. Nel 2018, durante una di queste riunioni, fu addirittura deciso il “blocco” della grande distribuzione della cocaina per monitorare il comportamento dei piccoli spacciatori e identificare i soggetti che, violando il patto associativo, si rifornivano da fonti “non riconosciute”, esterne al sodalizio, contravvenendo così alle rigide regole, funzionali a garantire la stabile, ciclica, fonte di guadagno.

Due "sistemi" per fare soldi

La mafia di Foggia, ben strutturata ed organizzata, negli ultimi tempi avrebbe dunque gestito e fatto affari – come hanno ribadito recentemente anche alcuni collaboratori di giustizia – utilizzando due “sistemi” paralleli. Quello delle estorsioni e quello della droga. Il primo molto più visibile alla comunità anche per il frequente ricorso ad attentati dinamitardi ed incendiari ai danni di attività commerciali di varia natura. Il secondo, quello della droga, meno visibile alla comunità ma non per questo meno pericoloso e che pone importanti interrogativi circa l’esponenziale aumento che si registra nel consumo di sostanze stupefacenti. Basti pensare, infatti, alle oltre 50mila dosi di cocaina che venivano immesse, al mese, sulla sola piazza di spaccio foggiana. Segno tangibile ed evidente della forte richiesta a cui la mafia risponde prontamente.

Ciotti: la guerra alla droga non serve a nessuno

Cifre importanti, confermate dall'operazione odierna, sottolineano che la mafia foggiana non ha mai abbandonato il suo core business di sempre: la droga, appunto. Un business che, infatti, ha caratterizzato le prime guerre di mafia a Foggia a partire dagli anni ottanta. Basti pensare che la strage del Bacardi del primo maggio del 1968, in cui furono uccise quattro persone, nacque dalla guerra scoppiata tra il clan capeggiato da Rocco Moretti e Giosuè Rizzi e quello dei fratelli Laviano proprio per una questione di droga.

Buoni motivi per allearsi

Oggi il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo – foggiano d’origine e che conosce molto bene la realtà del territorio – ha sostenuto che la Società Foggiana fa ruotare attorno al circuito criminale della droga una straordinaria massa di denaro, che serve al sostentamento del welfare criminale, al pagamento delle mensilità degli affiliati e delle famiglie degli affiliati detenuti: "Questa operazione è un passo importante verso la decostruzione di un sistema criminale estremamente raffinato che solo una raffigurazione banalizzante può ridurre a bande primitive sanguinarie. Siamo invece in presenza di un'organizzazione estremamente raffinata e complessa, con collegamenti sul piano nazionale ed internazionale per la disponibilità di importazione della sostanza stupefacente. Le mafie foggiane hanno legami profondi con le altre mafie, ed in particolare con la ‘ndrangheta”.

L'operazione Game Over racconta anche che le batterie della Società Foggiana, spesso in guerra tra di loro per decidere chi abbia la supremazia in città, possono scegliere di mettere da parte le loro rivalità ed allearsi per gestire insieme un business redditizio come quello dello spaccio. Come accadde, peraltro, nel 2006 quando le batterie di Sinesi e quella di Tolonese superarono le vecchie rivalità, che avevano portato all’ennesima guerra tra clan – realizzando ben 14 omicidi e 4 agguati falliti tra il luglio 2002 e l’ottobre 2003 – e si allearono per gestire insieme il ricco business dei funerali. All’epoca però, il terzo gruppo, quello di Moretti, escluso dall’accordo si presentò sulla scena e rivendicò per sé e il suo gruppo un ruolo negli accordi legati alla spartizione dei proventi illeciti dando il via all’ennesima guerra di mafia a Foggia. Questa volta invece, le tre batterie, si presentano unite, segno evidente che l’imponente quantitativo di denaro che gira attorno al traffico di stupefacenti, è riuscito a far metter loro da parte le rivalità e ideare una fitta rete di regole atte a gestire il traffico e garantire ad ogni gruppo i suoi proventi ed il suo spazio nello spaccio. 

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