6 dicembre 2023
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha pubblicato a fine novembre un’anticipazione sul nuovo parere riguardante i due più importanti Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche tossiche per uomo e ambiente: il Pfoa e il Pfos. Il Pfoa, sostanze utilizzata per i rivestimenti impermeabilizzanti per tessuti, pelli, carta e altri materiali, è stato dichiarato cancerogeno, togliendo così ogni possibile dubbio sulla sua pericolosità in ambiente e per l’uomo. Un dato di fatto che coinvolge migliaia di persone, che per decenni hanno bevuto e respirato i Pfas in Italia.
“Il Pfoa è stato classificato come ‘cancerogeno per l’uomo’ (Gruppo 1) sulla base di prove ‘sufficienti’ di cancro negli animali da esperimento e di prove meccanicistiche ‘forti’ negli esseri umani esposti”. Inizia così il documento di sintesi dello Iarc, che verrà pubblicato sul numero 135 della prossima monografia dell’Agenzia.
Il nuovo studio arriva dopo un primo inserimento del Pfoa nella categoria IARC 2b, che raggruppa i “possibili cancerogeni”, e spiega così la scelta di inserirlo nel gruppo 1.
“L’evidenza di cancro negli animali da esperimento era ‘sufficiente’ perché in uno studio di Buona pratica di laboratorio (Glp) è stata osservata una maggiore incidenza di una combinazione appropriata di neoplasie benigne e maligne in entrambi i sessi di una singola specie”. Trenta esperti mondiali hanno lavorato quasi un decennio per arrivare a questo parere, che sconvolge la vita degli esposti al Pfoa in acqua potabile delVeneto e i residenti vicino al polo chimico di Alessandria, che ancora oggi lo respirano.
Il parere arriva mentre è in corso di svolgimento il maxi processo ambientale contro la produttrice di Pfoa italiana Miteni, accusata di aver avvelenato le acque per 600 chilometri quadrati. Le province di Padova, Vicenza e Verona aspettavano questo lavoro da settimane, dopo la riunione dei 30 esperti mondiali nella sede Iarc di Lione a metà novembre.
Processo Pfas, censure di Miteni all'Istituto superiore di sanità
Per oltre 180mila persone – che dal 2017 hanno la certezza di avere alte dosi di Pfoa nel sangue, grazie allo screening sanitario della Regione Veneto – questa “è una notizia bomba, ma anche un macigno enorme. Leggerlo nero su bianco è diverso. Ora cambia tutto”, commentano sui social molti residenti della zona rossa a massima esposizione Pfas.
Per oltre 180mila persone che dal 2017 hanno la certezza di avere alte dosi di Pfoa nel sangue, questa è una "notizia bomba" ma anche un macigno enorme
Il Pfoa è stato prodotto dall’azienda vicentina MIteni e rilasciato in ambiente e nella ricarica di falda per oltre 60 anni, arrivando a contaminare le acque potabili di 350mila persone. Attualmente decine di residenti della zona più colpita, Lonigo, non sono ancora allacciati all’acquedotto dopo oltre 10 anni dalla prima emergenza Pfas, utilizzando così acque di falda contenente migliaia di nanogrammi di Pfoa.
In provincia di Alessandria, dove Solvay Solexis continua a produrre Pfas e ha utilizzato il Pfoa per decenni, la popolazione residente reagisce con la stessa forza. “Ora che questo composto è stato ufficialmente dichiarato cancerogeno devono tutelarci, le istituzioni hanno il dovere di monitorare il nostro sangue e la nostra salute”, chiedono i residenti del sobborgo di Spinetta Marengo, che ospita l’unica produzione attiva di Pfas in Italia.
“Ora che questo composto è stato dichiarato cancerogeno devono tutelarci, le istituzioni hanno il dovere di monitorare il nostro sangue e la nostra salute”, dicono i residenti di Alessandria, da decenni esposti al Pfoa
Per loro il Pfoa arriva dall’aria, per decenni è stato rilasciato dagli oltre 70 camini del sito industriale, contaminando terreni e il fiume Bormida attraverso lo scarico di Solvay. Un primo allarme era stato lanciato dall’Europa direttamente alla multinazionale belga nel 2007. Lo studio Perforce aveva, infatti, cercato il Pfoa nei sette fiumi principali europei e il Po era risultato il più inquinato, con 200 nanogrammi per litro alla foce.
Pfas, un filo rosso tra Miteni e Solvay
"Le analisi sulla produzione e l’uso del Pfoa ci fanno ritenere che l’impianto Solvay Solexis sia la fonte della contaminazione del Po, vi esorto a indagare”, scriveva il firmatario dello studio, Michael MacLachlan alla ditta, che rispondeva spiegando come in assenza di limiti non stava infrangendo nessuna legge. I limiti per quello scarico arriveranno solo ad ottobre 2021 con una legge regionale, mentre non esiste ancora una legge nazionale.
Malgrado sia stato dismesso, a detta di Solvay Solexis, nel 2013 il Pfoa è presente nei terreni e nell’aria, come conferma Arpa Piemonte in un documento pubblicato sul suo sito. Al momento nessuna restrizione sanitaria è stata emessa, né dal Comune né dalla Regione. Ci si chiede però che cosa cambierà adesso, con la certezza che un cancerogeno è nel terreno degli alessandrini ed è stato trovato nel sangue di alcuni di loro?
Alcuni giorni prima dell’uscita di questo importante parere, il medico ambientale danese Philippe Grandjean è stato ascoltato al processo Miteni nell’aula principale del tribunale di Vicenza. Il medico dopo aver spiegato come le aziende produttrici per decenni avessero omesso di pubblicare gli studi sanitari sul Pfoa, che dimostravano la sua tossicità, ha equiparato questo composto all’amianto per via della sua persistenza.
Solvay di Spinetta Marengo: Pfas nel sangue dei residenti
Lo stesso amianto era stato indicato cancerogeno negli anni Ottanta, dopo che decine di studi commissionati dalle aziende produttrici ne avevano già denunciato la pericolosità. Gli effetti dell’amianto, che si evidenziano direttamente in organi come la pleura che avvolge i polmoni, si manifestano anche a molti anni di distanza dall’esposizione (in media 30-40 anni). I Pfoa e l’intera famiglia dei Pfas sono, invece, degli interferenti endocrini, danneggiano cioè il sistema ormonale provocando diverse tipologie di tumori e patologie.
Vicenza: Miteni smantellata, la sua contaminazione rimane
Gli operai che per decenni lo hanno prodotto nell’azienda vicentina Miteni hanno i più alti valori nel sangue, fino a 90mila nanogrammi per millilitro, mentre i lavoratori Solvay che utilizzavano il Pfoa proveniente da Miteni, controllati dal medico dell’azienda vicentina, ne avevano 50mila nel sangue. Sul medico in questione, lo scorso ottobre il tribunale di Vicenza ha deciso di archiviare un processo per omicidio colposo relativo alla morte di alcuni operai Miteni. La motivazione è l’assenza di certezza tra esposizione ai Pfas e tumori. Ora con questo nuovo parere internazionale tutto è rimesso in discussione.
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