Torino, 9 giugno 2024. Lo spoglio delle schede delle elezioni europee in un seggio in via Ada Negri (Foto Alessandro Di Marco/Ansa)
Torino, 9 giugno 2024. Lo spoglio delle schede delle elezioni europee in un seggio in via Ada Negri (Foto Alessandro Di Marco/Ansa)

Elezioni, sorprese e delusioni dai comuni in prima linea

In alcuni paesi impegnati nell'accoglienza di migranti, l'aumento di sbarchi non ha spaventato gli elettori. In molti comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, la società civile ha mostrato segnali di riscatto. A San Luca, invece, ancora una volta nessun candidato, mentre a Platì soltanto il 13 per cento degli aventi diritto ha votato alle Europee

Toni Mira

Toni MiraGiornalista e componente del comitato scientifico de lavialibera

12 giugno 2024

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Conferme, bocciature, clamorosi autogol, ma anche belle sorprese, dalle elezioni per i sindaci nei comuni dove mafia, antimafia, legalità, diritti, giustizia, sono strettamente legati alla politica. Con alcuni risultati clamorosamente positivi.

Come a Roccella Ionica, in Calabria, dove Vittorio Zito è stato confermato sindaco (Lista civica di centrosinistra) col 90,54 per cento rispetto al 55,46 di cinque anni fa. “Accogliere bene gli immigrati che sbarcano sul nostro territorio ha inciso positivamente sul voto”, commenta. Anni di grande aumento degli sbarchi fino ai 7mila del 2022 e altrettanti nel 2023. Rotta turca, con moltissime famiglie e minori non accompagnati. Tutte storie affrontate dal comune della Locride con efficienza e umanità, senza polemiche o tensioni. Ma sostanzialmente da soli. “La struttura di accoglienza nel porto è ora adeguata, ma manca ancora un ente gestore. Ora darò un termine ultimo al governo per decidere”. E intanto prepara un’iniziativa sullo jus soli da lanciare nei prossimi mesi.

In Puglia segnali di riscatto

Due giorni prima del voto l’arcivescovo, padre Franco Moscone aveva lanciato un forte appello. “Non andare a votare è una resa ai poteri forti e alle mafie che continueranno a comprare voti a poco prezzo e imporre i loro candidati!”

Ancora meglio di Zito (ma non c’entrano i migranti) è andato Antonio “Toni” Matarelli rieletto sindaco di Mesagne, nel Brindisino, col 95,57 per cento dei voti, il più votato d’Italia, il doppio del 2019. Cinque anni fa con liste civiche, ora con un “campo largo” di centrosinistra compreso M5s. Terra di Sacra corona unita, nata per mano del mesagnese Pino Rogoli, ha conosciuto un profondo riscatto, anche ad opera di Matarelli, nato in Germania, figlio di emigrati, rientrato in Italia a 7 anni, una lunga militanza a sinistra, al comune, in regione e alla Camera. Poi la prima elezione a sindaco, con scelte molto apprezzate dai cittadini. Alla base del cambiamento, ripete, “una classe dirigente rigorosa e perbene, parrocchie coraggiose, scuole emancipate, famiglie sane”.

Sempre in Puglia, ma in provincia di Foggia, spicca il risultato a Manfredonia, sciolto per condizionamento mafioso nel 2019, tornato al voto nel 2021 e nuovamente sciolto dopo appena 22 mesi per le dimissioni della maggioranza dei consiglieri. Due giorni prima del voto l’arcivescovo, padre Franco Moscone aveva lanciato un forte appello. “Non andare a votare è una resa ai poteri forti e alle mafie che continueranno a comprare voti a poco prezzo e imporre i loro candidati!”. Appello ascoltato, con circa il 60 per cento dei votanti sia alle europee che alle comunali. E risultato quasi raggiunto da Domenico La Marca, candidato del centrosinistra, col 46,64 per cento, davanti a Ugo Galli, centrodestra, col 25,76 e Antonio Tasso, M5s, col 17,72. La Marca, espressione del mondo associativo, da anni è impegnato al fianco degli immigrati, in attività di formazione, anche nei ghetti. Ma per lui questo non è stato un handicap elettorale. Anzi tra i cittadini di Borgo Mezzanone, dove esiste il più grande ghetto, ha raggiunto il 90 per cento. “Sanno chi sono, sanno quello che faccio coi migranti e mi hanno votato. Un buon segno”.

Comuni sciolti per mafia, i numeri da 1991 ad oggi

Molto diverso il risultato in un altro comune pugliese tornato al voto dopo il commissariamento per mafia. Si tratta di Trinitapoli, provincia Barletta-Andria-Trani, sciolto nel 2022 (leggi l'articolo). Territorio di mafia rurale e violenta, influenzato sia dai clan baresi che da quelli foggiani, zona di depositi di droga e di collusioni con la politica. Candidati sono stati l’ex sindaco Emanuele Losapio, il suo predecessore Francesco Di Feo, nella cui giunta Losapio era assessore. Entrambi di centrodestra. Una continuità tra i due, sottolineata nello stesso decreto di scioglimento del ministero dell’Interno. A vincere è stato Di Feo col 36 per cento, precedendo la candidata del centrosinistra Anna Maria Tarantino (34,2 per cento) e Losapio col 29,8. Un risultato che potrebbe essere modificato. Il 31 ottobre 2023 la Corte d’appello ha dichiarato incandidabile Losapio, e più recentemente è stata la Commisione Antimafia a dichiararlo impresentabile, assieme a tre ex assessori anche loro candidati. Ora toccherà alla Cassazione decidere.

In provincia di Foggia i clan sono entrati nei municipi

A Casal di Principe finisce l'era di Renato Natale

Per dieci anni, dopo lo scioglimento per camorra nel 2012, è stato sindaco Renato Natale, medico degli immigrati, amico di don Peppe Diana, il parroco ucciso il 19 marzo 1994. La sua maggioranza si è spaccata

Incredibile vicenda, quasi un autogol, a Casal di Principe (Caserta), un tempo regno del clan dei “casalesi”. Per dieci anni, dopo lo scioglimento per camorra nel 2012, è stato sindaco Renato Natale, medico degli immigrati, amico di don Peppe Diana, il parroco ucciso il 19 marzo 1994 (anche allora Natale era sindaco), tra i protagonisti del riscatto di questa terra, come riconosciuto dal presidente Sergio Mattarella in visita nella cittadina il 21 marzo 2023.

Don Peppe Diana: ucciso dalla camorra, vivo tra la gente

Ma alle elezioni di sabato e domenica la maggioranza è arrivata divisa, con ben tre candidati, tra ex assessori e consiglieri della giunta Natale. Così alla fine al ballottaggio andranno Antonio Corvino e Elisabetta Corvino, entrambi espressione del centrodestra. “Provo tanta amarezza – si sfoga Natale –. È stato un mio fallimento perché non sono stato capace di preparare una continuità dell’amministrazione”.

A preoccupare sono stati anche due gravi fatti, che non si vedevano da decenni, accaduti due giorni prima del voto: una “stesa” a colpi di mitraglietta nella piazza della città eseguita da persona incappucciate, e decine di colpi contro il portone della casa di Francesco Schiavone “Sandokan”, il boss dei “casalesi”, da poco collaboratore di giustizia, nella quale abitano i figli Ivanohe e Emanuele (da poco uscito dal carcere) che non hanno approvato la scelta del padre e, diversamente da altri componenti della famiglia, non hanno accettato di entrare nel sistema di protezione. Una situazione a rischio, al punto che il prefetto di Caserta ha fatto aumentare la sorveglianza ai seggi.

Corleone e Gioia Tauro, futuri sindaci alle prese col Pnrr

Un voto a sorpresa è arrivato anche a Corleone (Palermo), la città dei boss di Cosa nostra Totò Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella, ma anche di una concreta resistenza antimafia. Tra gli artefici anche gli ex sindaci Pippo Cipriani (sinistra), uno dei protagonisti della “primavera siciliana” degli anni ’90, dopo le stragi del 1992, e Nicolò Nicolosi (destra), eletto nel 2002 e poi nel 2018 dopo lo scioglimento per mafia. Entrambi erano candidati, ma ha vinto col 42,38 per cento Walter Rà, sostenuto da Fdi, Fi e Dc di Totò Cuffaro, l'ex presidente della Regione Sicilia condannato a sette anni di reclusione per favoreggiamento verso appartenenti a Cosa nostra. Toccherà a Rà, ricorda Nicolosi, gestire i 50 milioni del Pnrr, in particolare l’appalto per l’impianto di trattamento dei rifiuti, tema caldissimo in Sicilia. 

Sono addirittura 73 i milioni che dovranno gestire le due candidate al ballottaggio a Gioia Tauro (Reggio Calabria): Simona Scarcella (ex Pd e ora a destra) e Mariarosa Russo (liste civiche di centrodestra). E anche riprendere in mano i 12 milioni per il villaggio per i braccianti immigrati, progetto “bocciato” dal precedente Consiglio comunale mettendo in minoranza il sindaco Aldo Alessio, che invece lo sosteneva convintamente. Ora non si è ricandidato e riferisce di “persone che sono andate a prendere a casa gli elettori per farli votare”. Ricordiamo che il comune è stato sciolto per mafia tre volte, nel 1993, 2008, 2017.

Così le concessioni balneari finiscono ai boss

Invece si è ricandidato ed è stato rieletto col 58,86 per cento Alessandro Giovinazzo, sindaco di Rizziconi, paese sciolto nel 2000 e 2016, terra di violentissima ‘ndrangheta, quella del clan Crea, con quattro cittadini sono sotto scorta: l’ex sindaco Nino Bartuccio, gli imprenditori Nino De Masi e Pasquale Inzitari, il giornalista Michele Albanese. Ma anche di processi di cambiamento, dalla costituzione di parte civile nei processi di mafia all’utilizzo dei beni confiscati. “I cittadini hanno dato un segnale inequivocabile e ci hanno detto in modo chiaro di andare avanti”, commenta Giovinazzo.

Così come a Castellammare di Stabia (Napoli) dove dopo lo scioglimento per camorra di una giunta di destra nel 2022, è risultato eletto col 65,7 per cento Luigi Vicinanza, alla testa di coalizione dal “campo larghissimo”. O a Torre Annunziata, dove sempre nel 2022, era stata sciolta una giunta di centrosinistra, che questa volta va al ballottaggio (senza M5s) col candidato Corrado Cuccurullo, contro Carmine Alfano del centrodestra. Ma c’è anche chi vince facile, come Francesco Larosa, unico candidato a Canolo, paese aspromontano, sciolto per ‘ndrangheta nel 2017. Ovviamente per lui il 100 per cento dei voti. Stessa situazione a Nicotera (Vibo Valentia), sciolto nel 2005, 2010, 2016, con eletto l’unico candidato Giuseppe Marasco, a Mongiana (sempre Vibo Valentia), sciolto nel 2012, con eletto l’unico candidato Francesco Angilletta.

Nessun candidato a San Luca. Super-astensionismo a Platì

Niente sindaco, invece a San Luca perché nessuna lista è stata presentata nel paese dell’Aspromonte patria di Corrado Alvaro ma, purtroppo, tristemente noto per la sanguinosa faida tra i clan Nirta-Strangio e Pelle-Vottari, culminata con la strage di Duisburg, per i sequestri di persona, i grandi traffici di droga. Ora a San Luca si tornerà indietro di cinque anni con un commissario prefettizio, così come era già stato dal 2013 al 2019, prima per lo scioglimento per condizionamento mafioso, poi nel 2015 per il non raggiungimento del quorum del 50 per cento degli aventi diritto al voto, e nel 2017 e 2018 perché nessuno aveva presentato liste. Grande sfiducia e non solo alle comunali: alle ultime politiche ha votato solo il 22 per cento e alle Europee è andata anche peggio con appena il 16,17 per cento.

San Luca cerca un'immagine diversa

Ma il record negativo appartiene alla non lontana Platì (tre scioglimenti nel 2006, 2012, 2018) dove a votare per il Parlamento europeo è andato solo il 13,45 per cento.

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