1 luglio 2024
Il fentanyl c’entra poco, perché rispetto a Usa e Canada "la situazione in Europa è molto diversa". Eppure anche nel nostro continente sono aumentate le morti connesse all’uso di farmaci deviati dall’uso medico. L’allerta è contenuta nell’ultimo European drug report: trends and developments, pubblicato lo scorso 11 giugno dall’Osservatorio europeo sulle droghe (Emcdda). Nel 74 per cento delle morti da overdose registrate nell’ultimo anno si riscontra la presenza di oppioidi e, in misura crescente, di derivati del fentanyl o varianti come i nitazeni, una classe di farmaci sviluppati negli anni Cinquanta e mai commercializzati.
Fame chimica: il nostro ultimo dossier
A questi si aggiunge il metadone, in misura minore la buprenorfina e gli antidolorifici, quasi sempre uniti all’alcol e alle benzodiazepine (psicofarmaci ampiamente prescritti in Europa e in Italia). È stato segnalato anche un maggiore coinvolgimento del pregabalin (un antiepilettico commercializzato da Pfizer con il nome Lyrica), ma solo Danimarca, Austria, Spagna e Turchia forniscono informazioni su questa sostanza. I dati sono parziali e quindi sottostimati. Il monitoraggio è condotto a macchia di leopardo e per lo più con indagini post-mortem.
Stando al report dell’Osservatorio, l’Italia non è coinvolta in questo fenomeno. Ciò non significa che il nostro paese sia del tutto privo di problemi connessi all’abuso di farmaci. "Le benzodiazepine continuano a essere le grandi sottovalutate nel mondo della dipendenza", avverte lo psicologo Leopoldo Grosso. L’ultima Relazione al parlamento sulle tossicodipendenze indica un forte aumento nell’uso di psicofarmaci senza prescrizione medica da parte degli adolescenti: nel 2023 il fenomeno ha coinvolto quasi 280mila giovani tra i 15 e i 19 anni. Oltre la metà di queste molecole sono recuperate sulla rete, o tramite gli amici o sulla strada.
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C’è poi una nuova e sempre più diffusa forma di dipendenza da particolari tipi di farmaco, che raccontiamo per la prima volta in Italia in questo numero de lavialibera grazie al lavoro sul campo di Nicholas Medone, e che coinvolge soprattutto migranti poveri di origine africana. I servizi sanitari sempre più spesso accolgono stranieri senza documenti che fanno richiesta di Lyrica e Rivotril fuori dai piani terapeutici. I due farmaci sono diffusi in Nordafrica e Africa occidentale, spesso usati per l’automedicazione durante la rotta migratoria, ma è soprattutto dentro carceri e Cpr italiani che Lyrica e Rivotril sono sovraprescritti dal personale medico e assunti in dosi massicce per tenere a bada i traumi del viaggio e della detenzione. Una volta fuori dalle strutture, i migranti si trovano alle prese con una grave dipendenza e costretti a rivolgersi ai circuiti illegali.
La presenza per le strade di molecole di natura farmaceutica non è un fenomeno nuovo, ma è lievitata di pari passo con l’aumento della medicalizzazione del dolore fisico o psichico. A volte la dipendenza comincia nello studio medico e prosegue in strada, fino a esiti drammatici. Meglio sarebbe se riuscissimo a scoprirla e prevenirla per tempo. Prima di fare l’autopsia.
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