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Le sfide dell'educazione civica in Italia ai tempi del ministro Valditara

Ormai da decenni nelle scuole italiane si insegna agli studenti l'educazione civica, ma resta sempre il problema del "chi deve fare cosa". Il ministro Valditara ha impostato delle linee guida aperte alle "gravi emergenze educative del nostro tempo" come cyberbullismo e violenza sulle donne. Bisognerebbe trasformare questa materia in educazione civile e alla pace

Isabella Sorgon

Isabella SorgonInsegnante

7 settembre 2025

Quasi un anno fa, Giuseppe Valditaraministro dell’Istruzione e del Merito del governo di Giorgia Meloni, ha emanato le nuove linee guida sull’educazioni civica. Lo ha fatto nell’ambito di una serie di azioni per cambiare il sistema di riferimento valoriale della scuola italiana: più attenzione al merito, come si evince dal nuovo nome del dicastero, e più valore al voto in condotta, ad esempio.

Scrivere di educazione civica ora più che mai è importante e urgente: l’educazione dei giovani è soggetto e oggetto di confusione e di complessità, mentre riflessioni e affermazioni teoriche poco attendibili appiccicano addosso ai ragazzi modelli di riferimento sui comportamenti, su chi si deve essere e su come si deve crescere, che fanno percepire il percorso di crescita, come persona e poi come cittadino, ancora più tortuoso. Di qui nasce la necessità di agire e di strutturare la proposta formativa dell’educazione civica. Ma con quali strumenti?

Come afferma don Luigi Ciotti, “la cittadinanza è un organismo vivente” che va curato e coltivato e l’educazione civica può diventare uno strumento di efficace educazione civile. Siamo in grado come società di accompagnare i giovani ad acquisire un senso civico e una consapevolezza forte dei propri diritti e dei propri doveri? Ma chi ha questo ruolo educativo? Chi se ne deve occupare, la famiglia, la scuola, lo Stato, le forze di polizia? Queste sono solo alcune delle domande che alimentano il dibattito su questo importante aspetto dell’educare. Proviamo a cercare delle risposte.

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“Le linee guida hanno come stella polare la Costituzione italiana”

Il 7 settembre 2024 Valditara, ha firmato il decreto con le linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica con traguardi e obiettivi a cui adeguarsi. “Le linee guida hanno come stella polare la Costituzione italiana”, non soltanto come principale testo normativo dello Stato, ma anche e soprattutto come “riferimento prioritario per identificare valori, diritti e doveri”, si leggeva nella nota stampa.

Le nuove linee guida “promuovono l’educazione al rispetto di ogni persona e dei suoi diritti fondamentali – prosegue – valorizzando principi quali la responsabilità individuale e la solidarietà, l’eguaglianza nel godimento dei diritti e nella soggezione ai doveri, la libertà e la consapevolezza di appartenere ad una comunità nazionale definita patria dai Costituenti, il lavoro, l’iniziativa privata, nel rispetto dell’ambiente e della qualità della vita, la lotta a ogni mafia e illegalità”.

“I docenti – prosegue la nota – potranno proporre attività che sviluppino conoscenze e abilità relative all’educazione alla cittadinanza, all’educazione alla salute e al benessere psicofisico e al contrasto delle dipendenze, all’educazione ambientale, all’educazione finanziaria, all’educazione stradale, all’educazione digitale e all’educazione al rispetto”. Nelle linee guida, il ministero aggiunge che servono anche “come strumento di supporto e sostegno ai docenti anche di fronte ad alcune gravi emergenze educative e sociali del nostro tempo”, come ad esempio il bullismo e il cyberbullismo, la violenza sulle donne, la dipendenza dagli smartphone e la sicurezza stradale.

Questo provvedimento ministeriale ha suscitato grande interesse e curiosità, ma anche tante polemiche negli ambienti politici e tra gli addetti ai lavori. Da un lato alcune associazioni come l’Associazione nazionale insegnanti e formatori (Anief) hanno apprezzato la posizione del ministero nel sottolineare il ruolo della scuola come centro della crescita costituzionale degli studenti, da cui deriva la necessità di normare e di ridisegnare in modo più organico di obiettivi di questa disciplina.

Ma sono state espresse da più parti anche forti perplessità: il Consiglio superiore della pubblica istruzione, che raggruppa esperti e rappresentanti sindacali, ha ritenuto ad esempio che questo provvedimento esprima una visione troppo ideologica dell’educazione civica e per questo nell'agosto 2024 ne aveva richiesto una revisione (leggi qui la cronaca della vicenda).

Questa contrapposizione forte tra il ministero e gli enti scolastici mette in evidenza sicuramente la complessità del tema, ma anche la fatica di approcciare a queste tematiche con un’organicità non ideologica sul tema della educazione civica.

In Italia si riscontra storicamente una certa sensibilità diffusa dei docenti sui temi sociali e civili e quindi non stupisce questa azione normativa sull’educazione civica. In particolare si nota, in questo percorso normativo, una certa pressione culturale e anche politica da parte del ministero. Per comprendere la tensione culturale, educativa e politica sottesa al ruolo dell’educazione civica in Italia è opportuno andare indietro nel tempo.

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Educazione civica in Italia: un ricco percorso

Il percorso dell’educazione civica nella scuola italiana ha radici profonde. Già negli anni Ottanta possiamo ritrovare le origini simboliche di questa disciplina; in particolare dal 6 gennaio 1980 a Palermo, nel pieno dell’offensiva mafiosa, si inizia a parlare di educazione alla legalità come una risposta culturale educativa la violenza delle mafie negli anni Ottanta. Vengono messe in atto iniziative episodiche, spesso locali e spesso legate alla buona volontà di docenti e di associazioni. Tuttavia la consapevolezza del bisogno di sensibilizzare gli studenti sui temi della giustizia e della responsabilità civile prende già piede in particolare in alcuni territori del Paese.

Gli anni Novanta, dopo le stragi di Capaci e di Via D’Amelio del 1992 in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vedono una svolta decisiva: lo Stato opera una forte reazione e lo fa anche il ministero della Pubblica istruzione, guidato dalla ministra Rosa Russo Iervolino, che emana la circolare 302 del 25 ottobre 1993 con cui introduce formalmente l’educazione alla legalità nelle scuole. L’obiettivo è valorizzare il ruolo della scuola nella promozione di una cultura democratica e della memoria storica del nostro paese.

Queste tappe fondamentali avviano un cammino denso e anche complesso di consapevolezza dell’utilità dell’educazione civica nella scuola. In seguito, negli anni Duemila, si avvia poi un cammino ulteriore che vede il percorso dell’educazione alla legalità intrecciarsi con quello della cittadinanza attiva, in stretta collaborazione con le emergenti realtà dell’antimafia sociale, attraverso progetti di legalità a scuola e attività di approfondimento della Costituzione.

Il cammino dell’educazione civica, propriamente detta, in Italia nasce con il decreto legge 137 del 2008 convertito con la legge 169. L’allora ministra Maria Stella Gelmini con questa norma prevede l’introduzione di “Cittadinanza e costituzione” come materia di insegnamento trasversale, integrato nelle discipline storiche e letterarie, strutturato del curricolo, ma aperto a una visione interdisciplinare. Questo percorso, con il passare degli anni, mostra grandi potenzialità, ma anche grandi fatiche e criticità perché, secondo alcuni esperti di scuola, era poco strutturato e perché mancava un’ organizzazione strategica nell’azione educativa delle scuole. In altre parole, non si capiva “chi deve fare cosa”.

Un passo importante in questo senso è stato poi l’approvazione della legge 92 del 2019 nella quale l’allora ministro Lorenzo Fioramonti inserisce l’istituzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica come disciplina autonoma, con una visione disciplinare collegiale molto precisa di questo fondamentale insegnamento. La legge 92 prevede infatti che siano effettuate almeno 33 ore annue di educazione civica (in media almeno un’ora per ogni settimana) nelle scuole di ogni ordine e grado e pone in evidenza il focus sull’educativo didattico dell’educazione civica su tre assi culturali portanti: la Costituzione, la sostenibilità ambientale e la cittadinanza digitale. In particolare l’educazione civica nella scuola diventa obbligatoria dal primo settembre 2020. Da quel momento i diversi istituti scolastici si trovano a dover fare i conti con queste 33 ore annue da inserire progettare e integrare con curricola specifici, spesso senza avere contestualmente gli strumenti e competenze diffuse necessarie. Manca una chiarezza organizzativa: anche qui non si sapeva bene “chi deve fare cosa”.

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Il disegno ambizioso di Fioramonti si consolida negli anni e viene poi raffinato e ulteriormente aggiornato dalle nuove linee guida per l’educazione civica che il ministro Giuseppe Valditara ha emanato nel 2024 e che prevedono l’educazione civica sempre come disciplina unica, fondata sui tre nuclei tematici, resi più specifici: Costituzione, sviluppo sostenibile e cittadinanza digitale. Le linee guida formalizzano 12 traguardi di competenza per l’educazione civica, definiti a livello nazionale per ogni ordine di scuola. È previsto inoltre un rafforzamento della valutazione e del ruolo del docente coordinatore e l’inserimento esplicito di pratiche di educazione alla cittadinanza attiva e al volontariato. Sarà interessante valutare cosa succederà nelle scuole, dove gli insegnanti dovranno interpretare la riforma e se questo potenziale strumento di crescita democratica in Italia spiccherà il volo in un già equilibrio delicato tra aumento di norme e libertà di insegnamento.

Uno sguardo all’Europa

A questo punto, per comprendere il quadro d’insieme dell’orientamento pedagogico su questa particolare area disciplinare, serve una panoramica complessiva della situazione europea dell’insegnamento dell’educazione civica che in Italia si articola come disciplina autonoma e che, come vedremo, si colloca in una posizione di prestigio e di innovazione rispetto a diversi Paesi europei.

In Francia “l’educazione morale civica” viene introdotta nel 2015 e i contenuti fondanti sono i diritti umani, i valori repubblicani, la cittadinanza europea e la laicità. Il metodo che la Francia adotta per il proprio progetto è un approccio trasversale integrato in diverse discipline e la valutazione di questa disciplina non viene formalizzata in modo costante nelle diverse scuole, ma lasciata all’autonomia degli istituti scolastici.

In Germania la struttura federale della scuola prevede che ogni Land decida autonomamente come gestire tale insegnamento che si fonda su discipline come “Politik”, “Sozialkunde” o “Gemeinschaftskunde”; le materie che sono correlate all’educazione civica sono la storia della Germania e un “approccio alla conoscenza della politica”. Il focus è l’educazione alla democrazia, ai diritti civili e la conoscenza delle istituzioni politiche, con un’attenzione forte alla prevenzione contro la radicalizzazione e l’educazione contro l’estremismo.

In Spagna la materia “Educación en valores cívicos y éticos” è stata introdotta nel 2022; i contenuti prevedono approfondimenti su diritti umani, uguaglianza di genere, sostenibilità e cittadinanza globale, con un’attenzione molto marcata sulla diversità culturale e la formazione di cittadini attivi e solidali.

A livello comunitario, il Parlamento europeo ha approvato nel 2022 una risoluzione sull’attuazione di misure di educazione civica, con l’obiettivo di promuovere un’educazione alla cittadinanza democratica, ai diritti umani e alla partecipazione attiva che sia allargata a tutti i paesi dell’Unione europea. In essa viene incoraggiata l’integrazione dei temi storici e umanistici nei curricula nazionali, con una grande attenzione alla dimensione digitale, alla parità di genere e alla sostenibilità ambientale. Di fatto, ad oggi tale raccomandazione non ha ancora trovato un riscontro forte e convinto nei curricola dei sistemi scolastici europei.

A lezione di cittadinanza nelle classi multietniche

Dibattito pedagogico e problemi aperti

L’Associazione pedagogica italiana evidenzia in tal senso la necessità che l’educazione civica sia vissuta nella quotidianità scolastica anche attraverso pratiche democratiche e partecipative dei ragazzi

A livello pedagogico ed educativo esiste un ricco dibattito sull’educazione civica e il suo valore nell’ambito del mondo dell’educazione e dell’Istruzione italiana. Citiamo a questo proposito Maria Chiara Michelini dell’università di Urbino che ha pubblicato un saggio su Pedagogia più didattica dove viene evidenziato che il testo delle linee guida di Valditara sottende una pedagogia implicita che affida alla scuola un mandato sociale, ma con visioni educative differenti e al momento scarsamente integrabili.

L’Associazione pedagogica italiana inoltre ha espresso le proprie perplessità in una lettera aperta al ministro dell’istruzione Valditara, sottolineando che l’educazione civica deve essere di più di un contenuto didattico. Sì all’educazione civica in classe, ma non basta! L’Associazione pedagogica italiana evidenzia in tal senso la necessità che l’educazione civica sia vissuta nella quotidianità scolastica anche attraverso pratiche democratiche e partecipative dei ragazzi, non quindi solo come apprendimenti, ma come esperienze e tale approccio che richiede una struttura partecipativa della scuola, che si può generare rivalutando gli organi collegiali e la partecipazione attiva degli studenti.

Christian Raimo: "L'educazione non è un rapporto di dominio"

Un testo di riferimento in questo percorso di approfondimento sull’educazione civica è I sette saperi necessari all’educazione del futuro del filosofo e sociologo francese Edgar Morin, pubblicato nel 2000 su richiesta dell’Unesco. Questo testo contiene un’idea di formazione vista non come travaso di conoscenze, ma di promozione della persona. “La testa ben fatta vale più di una testa ben piena”, afferma Morin sottolineando l’importanza di sviluppare il pensiero critico e la capacità di connettere i saperi, piuttosto che accumulare nozioni. Tra i sette saperi citati da Morin figura infatti “l’etica del genere umano” quale capacità di coltivare la responsabilità e la solidarietà planetaria. Morin, attraverso la sua visione transdisciplinare, ha illuminato il pensiero pedagogico europeo trasmettendo nelle sue opere il pensiero di educazione civica e civile fortemente rivoluzionario che “educare è educare a vivere.”

Molto interessante è notare come nel mondo della scuola e dell’educazione nel nostro paese siano fiorite diverse esperienze formative e di approfondimento per i docenti che vedono il coinvolgimento del privato sociale e del mondo delle associazioni. In particolare la professoressa Sandra Cristolini dell’Università Roma Tre evidenzia che la famiglia è il primo luogo in cui si apprende la cittadinanza: è nella relazione educativa quotidiana che si pongono le basi del rispetto della solidarietà e della responsabilità sociale. Infatti sottolinea l’importanza di un’alleanza educativa tra scuole e famiglia per costruire una vera comunità educante.

A questo si affianca il pensiero dell’autrice pedagogista Alessandra Santilli che sottolinea come al modello educativo del passato, orientato a formare buoni cittadini per la società, abbia fatto seguito un modello basato su valori affettivi talvolta di stampo troppo individualistico. Ma la missione educativa della famiglia resta quella di formare un individuo capace di vivere e agire responsabilmente, in modo attivo nella società.

La riflessione sull’educazione civica tocca anche quindi la riflessione sui modelli educativi familiari e sull’importanza di mantenere viva la funzione civica dell’educazione domestica la capacità e il potenziale educativo civile della famiglia che spesso in questo momento viene messo in difficoltà e viene posta in evidenza la sua fragilità.

Educazione civica come educazione alla civiltà?

La sfida sarebbe trasformare ’l’educazione civica in educazione civile e, perché no, e pensiamo che debba essere sempre di più un’educazione civile alla pace

A fronte di una molteplicità di modelli educativi e culturali, sono illuminanti le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un discorso all’inizio anno scolastico del 2017 esprime l’idea che “nella scuola si cresce, ci si incontra, si sviluppano cultura affetti, solidarietà, conoscenza reciproca e si sperimenta la vita di comunità e il senso civico”. La scuola è infatti, continua Mattarella, il luogo dove si costruisce il futuro del paese, dove si formano cittadini responsabili e consapevoli.

Inutile sottolineare come in un momento storico segnato da guerre, tensioni, aumento delle autocrazie e dalla conseguente incertezza e fragilità educativa del nostro tempo, questo insegnamento riguardi tutti gli attori del patto educativo: alla scuola, alla famiglia e alla società civile sempre di più si richiede una sensibilità e un’attenzione importante al tema dell’educazione civica come educazione alla pace.

Così oggi, nelle scuole italiane molte buone pratiche sono orientate a sfidare una visione educativa rigida e disciplinaristica dei modelli educativi: per la scuola dell’educazione civica in ottica civile, il merito, il rigore e la memoria storica del passato del nostro paese sono elementi importanti ma complementari a una visione umana della società dove i diritti e la giustizia sociale trovano una cittadinanza e la scuola ne è costruttrice accanto alla famiglia. La sfida sarebbe trasformare ’l’educazione civica in educazione civile e, perché no, e pensiamo che debba essere sempre di più un’educazione civile alla pace. 

“L’Italia ha bisogno di cittadini veri, svegli, consapevoli, non di una cittadinanza tiepida, intermittente e di facciata”Luigi Ciotti

Il comportamento e la maturità dei giovani in Italia rappresentano certamente una sfida importante e una sfida per l’adulto. È infatti il mondo degli adulti – come afferma don Luigi Ciotti – che deve aiutare i ragazzi a prendere coscienza che l’impegno e la responsabilità partono da ciascuno di noi. Quindi la cittadinanza attiva non è un qualcosa che si impone, ma deve crescere e deve entrare dentro i contesti educativi quotidiani dei giovani e dare loro dignità perché siamo tutti cittadini di diritto, senza merito e senza sforzo. Ma non tutti diventano cittadini di fatto.

L’obiettivo è mostrare in una luce accattivante, non noiosamente burocratica, le norme e gli stili di comportamento che meglio traducono in pratica la Costituzione. Educare alla cittadinanza non vuol dire insegnare ai giovani a ubbidire: “L’Italia ha bisogno di cittadini veri, svegli, consapevoli, non di una cittadinanza tiepida, intermittente e di facciata”, scrive don Ciotti nei Percorsi di Educazione civica, pubblicati nel 2025 da Libera.

Papa Francesco in un importante messaggio per il Patto educativo globale del 2019 afferma che mai come ora c’è bisogno di unire gli sforzi in un’ampia alleanze educativa per fermare persone mature capace di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per l’umanità più fraterna. La sfida è aperta: educazione civica sarà anche educazione civile?


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