7 dicembre 2021
Sono in molti a domandare e a interrogarsi sul perché il parlamento italiano non sia riuscito ad approvare una legge che regoli lo ius soli, tanto più dopo che le forze politiche del centrosinistra lo avevano inserito nel proprio programma elettorale, ne avevano fatto una bandiera ed era stato avviato un percorso parlamentare complesso, ma giunto quasi a compimento. La risposta più semplice è quasi sempre la stessa: calcoli politici ed elettorali dell’ultima ora!
Sconcerta che il Pnrr abbia dimenticato il capitolo migrazioni e che i bilanci Ue siano tanto avari in proposito
Ho sempre pensato che quando prevalgono questo tipo di calcoli, magari anche legati a un motivo comprensibile, mancano consapevolezza e motivazione profonda intorno alle scelte compiute, seppur accompagnate da un lavoro intenso e impegnativo. Questo vale in modo particolare per l’argomento in questione, che rappresenta un segmento del tema ben più grande dell’immigrazione.
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Le migrazioni sono una delle sfide strutturali più impegnative del nostro tempo, anche se in troppi si ostinano a considerarla un’emergenza tra le tante, liquidandola in maniera sbrigativa e spesso rimuovendone la complessità. Mai come oggi il mondo è attraversato da disuguaglianze tanto profonde, diffuse e insopportabili. Tra le molte conseguenze di tale situazione, si è da tempo formato e sta crescendo un nuovo continente, il sesto, quello dei migranti: donne e uomini, bambine e bambini che fuggono dalla guerra, dalla fame, dalle persecuzioni e vanno in cerca di asilo e accoglienza, bussano alle porte di quei Paesi dove c’è cibo in abbondanza, dove pace e benessere fioriscono da anni, dove la democrazia garantisce il rispetto delle idee, della religione, del colore della pelle di ciascuno. Tutte le aree del mondo sono interessate e lo è soprattutto il Mediterraneo dove si affacciano l’Europa, l’Africa, il Medio oriente, dove da sempre è strategicamente collocata l’Italia. È un fenomeno in corso da decenni, che non sembra destinato ad arrestarsi quanto piuttosto a crescere e intensificarsi, soprattutto perché non si vede all’orizzonte il superamento delle cause che lo alimentano.
Sappiamo bene quanto i cittadini dei Paesi di destinazione vivano tutto ciò come un pericolo e quanta paura provochi soprattutto nei più anziani e nei più poveri. E qui entra in gioco la responsabilità della politica, cui spetta innanzitutto il compito di lavorare per rimuovere alla radice, nelle sedi internazionali, le cause all’origine del cosiddetto sesto continente. Lavoro lungo e forse non ancora iniziato. Spetta alla politica europea e italiana governare la sfida.
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Conosciamo bene le idee della destra italiana ed europea in proposito. Idee sbagliate e pericolose perché miopi e strumentali e, soprattutto, in contraddizione con i principi iscritti nelle Costituzioni dei singoli Stati, nel Trattato dell’Unione europea, nella Dichiarazione universale dei diritti umani. Sono miopi le idee di chi si ostina a considerare il fenomeno migratorio un’emergenza che si risolve con i blocchi navali in mezzo al Mediterraneo o con la chiusura dei porti e la costruzione dei muri. Sono idee pericolose perché coltivano il malcontento e strumentalizzano la paura a fini elettorali. Sono idee opposte ai principi che fondano la nostra democrazia perché la vita umana è sacra e va sempre e comunque salvata e accolta. Le politiche migratorie delle destre sono alimentate dall’illusione cinica di tenere l’Europa per gli europei, l’Italia per gli italiani, il Veneto per i veneti e così via. Quando in realtà la Terra, in ogni sua parte, è di tutti oggi più di sempre. Esiste una proposta politica alternativa che risulti altrettanto chiara e intorno alla quale costruire un consenso sociale e culturale per governare e non subire la sfida epocale?
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Penso a un progetto articolato in tre proposte. La prima: le vite umane si salvano e si accolgono sempre e comunque, in mare come in terra. Oggi nessuno è in grado di contare quante persone sono sepolte in fondo al Mediterraneo e quante ne stanno morendo in Libia con la nostra diretta o indiretta complicità. Nessuno è in grado di contare le migliaia di migranti che premono lungo i muri innalzati da alcuni Paesi dell’est Europa appartenenti all’Unione. Prima si salvano le vite umane, si accolgono e si ospitano in maniera dignitosa e poi si decide, con loro, la futura destinazione secondo un criterio di solidarietà e di giustizia che coinvolga tutta l’Unione europea. Possiamo accogliere tutti? Forse no, ma a questa domanda si dà risposta dopo aver strappato donne, uomini e soprattutto bambini, alla morte.
Nessuno può dire che una riforma è impossibile: nessuna forza politica ci ha provato
Seconda proposta: guardiamo in casa nostra. Siamo il Paese e il continente più vecchio del mondo. Stretto tra la denatalità e l’allungamento dell’età media della popolazione. La nostra economia è in affanno e in crescita inferiore rispetto agli altri Paesi, eppure siamo ancora ricchi e in pace, circondati da un mondo giovane e affamato. Se non vogliamo che la situazione degeneri in forme di assedio dobbiamo governare i flussi migratori, aiutando le nostre società ad aprirsi al mondo, scoprendo il grande valore dell’integrazione e del fondamentale contributo che può venire dall’incontro delle differenze. Dovremmo riscoprire la necessità di investire in politiche di inclusione, peraltro le uniche che possono garantire sicurezza e libertà. Sconcerta e sorprende che questo capitolo sia stato dimenticato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) post pandemia e che i bilanci dell’Unione e dei singoli Paesi siano tanto avari in proposito.
Terza proposta: lo ius soli. Nessuno vuole che le sponde europee del Mediterraneo si trasformino in un "grande reparto di ostetricia" e per questo la proposta che nella scorsa legislatura stava vedendo la luce poteva essere definita uno ius culturae, dal momento che il conferimento della cittadinanza era soprattutto legato al compimento del ciclo scolastico obbligatorio. Non esiste altra strada per costruire una società forte e pacifica se non creando le condizioni perché ciascuno si senta a casa propria, si senta – con il colore della sua pelle, la sua religione, le sue abitudini alimentari, la sua musica, la sua storia, le sue origini condivise con le origini di tutti gli altri – di partecipare al futuro dell’Italia e dell’Europa. Quale potrebbe essere l’alternativa se non quella della permanente estraneità, diffidenza, paura e quindi anche della possibile conflittualità e insicurezza?
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Vorrei che la politica avesse la forza e il coraggio di cercare e di costruire il consenso su questo progetto. Nessuno può affermare che è impossibile da realizzare, perché nessuna forza politica ci ha davvero mai provato. Non sarebbe difficile dimostrare che la solidarietà non è soltanto un imperativo etico, ma anche una convenienza.
Le nostre società sono stanche, fanno fatica a progettare il futuro, non sanno fare spazio ai giovani e spesso i giovani non sanno conquistare gli spazi. Spesso i segnali di crescita più significativi vengono dallo spirito di iniziativa dei giovani immigrati di seconda generazione. Non varrebbe la pena scommettere sulla loro voglia di prendere quell’ascensore sociale nel quale da troppo tempo nessuno è più riuscito a salire? Non è difficile rispondere alle obiezioni di chi sostiene che non siamo in grado di reggere e includere le ondate migratorie. Tutti i numeri, ma proprio tutti, dicono che siamo il Paese europeo con la percentuale più bassa di immigrati ma che ne abbiamo più bisogno per rispondere all’offerta di lavoro in alcuni settori. Soprattutto se la nostra Italia vuole aprirsi al mondo per starci da protagonista, deve accettare che il mondo le entri dentro attraverso i volti delle donne e degli uomini che premono alle sue porte.
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