Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Luciana Lamorgese, ministro dell'interno, Lamberto Giannini, capo della Polizia e con Maurizio Vallone, direttore della Dia
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Luciana Lamorgese, ministro dell'interno, Lamberto Giannini, capo della Polizia e con Maurizio Vallone, direttore della Dia

Antimafia, anno 2022: fari sulle nomine nelle procure e riforma dell'ergastolo ostativo

È attesa per il nuovo presidente della Repubblica, che guiderà anche un Csm chiamato a scegliere il capo della Direzione nazionale antimafia e il procuratore di Palermo. Dopo la decisione della Corte costituzionale, il parlamento dovrà affrontare la riforma dell'ergastolo ostativo entro maggio

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

31 dicembre 2021

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Un'elezione importante e nomine di altrettanto prestigio. Indagini e processi, ricorrenze e ricerche. Nel corso del 2022, per chi si interessa di mafia e giustizia, ci saranno alcuni appuntamenti da tener d’occhio, a cominciare dal voto per eleggere il nuovo presidente della Repubblica, che sarà anche il presidente del Consiglio superiore della magistratura a cui toccheranno alcune decisioni strategiche. Chi sarà il successore di Sergio Mattarella? Sarà altrettanto attento alla lotta alla mafia come lui, palermitano e fratello di una vittima innocente di Cosa nostra, Piersanti Mattarella? Dovremo aspettare la fine di gennaio per conoscere il nuovo inquilino del Quirinale a cui spetterà, quasi subito, una partita importante sul piano della lotta alle mafie, tra cui la nomina del capo della  Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.

Aria di cambiamento nelle procure antimafia

Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia, prima della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte di Cassazione del 26 gennaio 2017 (Alessandro Di Meo/Ansa)
Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia, prima della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte di Cassazione del 26 gennaio 2017 (Alessandro Di Meo/Ansa)

Il 18 febbraio il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero De Raho compierà 70 anni. Raggiunto il termine del suo mandato di quattro anni e il limite di età, dovrà andare in pensione. Il Csm, cui spettano le nomine dei vertici di procure, tribunali e corti d’appello, dovrà selezionare il suo successore alla Dnaa e in autunno ha aperto il bando: le candidature arrivate sono quelle di Nicola Gratteri, procuratore a Catanzaro; Giovanni Melillo, capo della procura di Napoli; Carmelo Zuccaro, alla guida degli uffici di Catania; il procuratore di Messina Maurizio De Lucia e quello di Lecce, Leonardo Leone De Castris. Una candidatura arriva dall’interno della Dnaa, quella del procuratore aggiunto Giovanni Russo. L’unica candidatura che non viene dal Mezzogiorno è quella di Marcello Viola, procuratore generale di Firenze. Aveva avanzato la sua proposta anche Francesco Lo Voi, procuratore capo a Palermo nominato il 22 dicembre scorso a capo della procura di Roma, dopo l’annullamento della nomina di Michele Prestipino, successore di Giuseppe Pignatone, i magistrati che hanno dato una sferzata alle inchieste contro la criminalità organizzata nella Capitale. La pratica per la Dnaa è ancora in fase istruttoria, nell’attesa di ricevere tutti i giudizi di professionalità dei candidati dai consigli giudiziari delle loro sedi.

In questi movimenti, si è liberato il ruolo di procuratore capo a Palermo: dal 13 gennaio, per un mese, il Csm raccoglierà le candidature dei successori di Lo Voi. Nel palazzo di giustizia siciliano, inoltre, ci sono altri due posti rimasti scoperti. C’è quello di procuratore generale, rimasto libero dopo il termine dell’incarico di Roberto Scarpinato, presto pensionato. Andrà a uno tra Lia Sava, procuratrice generale a Caltanissetta, e Luigi Patronaggio, procuratore ad Agrigento: la quinta commissione del Csm ha espresso la sua preferenza per la prima e, dopo il parere della ministra della Giustizia Marta Cartabia, la decisione finale passerà al plenum.

È vuoto, inoltre, uno degli uffici di procuratore aggiunto alla guida della Direzione distrettuale antimafia di Palermo dopo la nomina di Salvatore De Luca alla guida della procura di Caltanissetta, molto importante in quanto sede competente per le inchieste sulle stragi di mafia in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

"Ero interessato al contrasto alla camorra e in quel settore ho riversato tutto il mio impegno". Intervista a Cafiero De Raho

I processi da seguire

In Sicilia

Nino Agostino (Wikipedia)
Nino Agostino (Wikipedia)

Rimaniamo nel capoluogo siciliano, rimaniamo nell’alveo delle stragi mafiose contro uomini dello Stato. L’11 gennaio si terrà nuova udienza del processo per gli omicidi del poliziotto e cacciatore di latitanti Nino Agostino e della moglie Ida Castellucci, avvenuti il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini, e riprende con un testimone d’eccezione: Bruno Contrada, ex capo della Squadra mobile di Palermo ed ex funzionario dei servizi segreti, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Sempre sul caso Agostino, a febbraio comincerà il processo d’appello, con rito abbreviato, al boss Nino Madonia, condannato in primo grado come mandante.

Si aspettano le motivazioni della sentenza di secondo grado sulla trattativa tra Stato e mafia dopo l’assoluzione, stabilita il 23 settembre scorso dalla Corte d'assise d'appello di Palermo, degli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno e del senatore Marcello Dell'Utri, accusati di minaccia a corpo politico dello Stato. La procura generale ha già annunciato che farà appello. Un altro processo (di secondo grado) atteso è quello contro Matteo Messina Denaro, condannato nell’ottobre 2020 dalla corte d’assise di Caltanissetta come mandante delle stragi del 1992. La caccia all’ultimo boss stragista, latitante da quasi trent’anni, continuerà di certo, ma arriverà al bersaglio?

Intorno a Matteo Messina Denaro c'è un impero economico e una rete di sostenitori

In Calabria

In Calabria proseguirà il maxi-processo Rinascita-Scott, mentre si aspettano le motivazioni delle condanne del processo Gotha. Si tratta di due procedimenti che hanno scoperchiato gli intrecci tra ‘ndrangheta, politica e massoneria. C’è poi il secondo grado, davanti alla corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, del processo ‘Ndrangheta stragista, che si era concluso in primo grado con la condanna all’ergastolo del boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano e del capo ‘ndranghetista Rocco Santo Filippone quali mandanti degli attentati ai carabinieri compiuti in Calabria tra il 1993 e il 1994 (in uno morirono due militari), attentati inseriti nell'ambito della strategia stragista portata avanti dalle due organizzazioni mafiose nei primi anni Novanta. Da quel processo sono emerse le dichiarazioni di Graviano sui presunti affari tra suo nonno e Silvio Berlusconi, fatti su cui è cominciata un’inchiesta della Dda di Firenze e condotta dalla Dia fiorentina.

Nel resto d’Italia

Il 13 gennaio a Trento comincia il processo Perfido, nato dalla prima inchiesta per 416 bis in Trentino Alto Adige (leggi qui il nostro articolo). Ad Asti andrà a sentenza il processo (con rito ordinario) nato dalle indagini Carminius e Fenice sulle presenze della ‘ndrangheta a Carmagnola: tra gli imputati c’è l’ex assessore regionale piemontese Roberto Rosso, accusato di voto di scambio. Sempre al Nord, occhi aperti sul processo Perseverance, frutto dell’inchiesta della Dda di Bologna sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel settore economico (l’udienza preliminare è cominciata il 22 dicembre scorso).

In Puglia occhio al processo, davanti alla Corte d’assise d’appello di Bari, contro Giovanni Caterino, il presunto basista della strage di San Marco in Lamis che, con la morte di due innocenti, i fratelli Luciani, destò l’attenzione sulla mafia foggiana. Mafia foggiana come quella al centro del processo Decima bis.

Foggia, microcosmo mafioso. Leggi il nostro numero dedicato alla città pugliese

Commemorazioni

La strage di Capaci (Wikipedia)
La strage di Capaci (Wikipedia)

Dopo due anni di stop, salvo ulteriori imprevisti, il 21 marzo si tornerà a celebrare la giornata in memoria delle vittime innocenti di mafia. Si terrà a Napoli. Da maggio, invece, a Palermo cominceranno le commemorazioni delle vittime della strage di Capaci e di quella di via D'Amelio a trent'anni, senza dimenticare che il 30 aprile ricorrono i quarant'anni dall'omicidio di Pio La Torre, sindacalista e deputato siciliano a cui si deve l'introduzione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e la confisca dei patrimoni di provenienza illecita, e il 3 settembre i quarant'anni dalla strage di via Carini, in cui morirono il prefetto di Palermo e generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo.

Ergastolo ostativo: attenzione al parlamento

Tornerà ad accendersi il dibattito sull’ergastolo ostativo, ritenuto uno dei principali strumenti per la lotta alla mafia. La commissione giustizia alla Camera a fine anno ha adottato un testo base per la riforma dell’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario con cui si negano i benefici (libertà anticipata e altro) agli ergastolani condannati per mafia (o altri reati “ostativi”) che non hanno mai collaborato con la giustizia. Prima la Corte europea dei diritti umani e poi la Corte costituzionale, con l’ordinanza dell’11 maggio scorso, hanno spinto il parlamento a una riforma per allineare questo strumento ad alcuni principi, tra cui il comma 3 dell’articolo 27 della Costituzione secondo cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (leggi il nostro articolo da lavialibera n°8). I deputati hanno cercato di bilanciare la necessità di combattere le mafie a quella di rispettare i dettami costituzionali, ma le discussioni si preannunciano accese. La commissione Giustizia dovrà valutare 121 emendamenti prima di trasmettere il testo alla Camera. Poi il 10 maggio gli “ermellini” si riuniranno per appurare se il parlamento ha legiferato seguendo le linee fornite nella loro ordinanza.

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