
'Ndrine in Val d'Aosta, per la Cassazione c'è ma non è strutturata

Aggiornato il giorno 12 maggio 2023
Riflettere sulle mafie in provincia di Latina significa confrontarsi con un complesso intreccio di storie e personaggi appartenenti a diversi clan, uniti in un ampio network criminale che ha consentito loro di sviluppare affari, relazioni e in alcuni casi anche straordinarie carriere politiche. Si tratta di associati alla ‘ndrangheta, alla mafia siciliana, alle camorre, che si coordinano e agiscono in modo innovativo e spregiudicato, responsabili, tra le altre cose, della formazione di organizzazioni mafiose autoctone molto pericolose come, ad esempio, il clan Casamonica-Di Silvio o il clan Ciarelli, non meno brutale e spregiudicato. Ma anche un’organizzazione para-mafiosa indiana che governa, mediante finti leader, il sistema di tratta internazionale, caporalato e gran parte dei servizi di cui i membri della comunità, spesso gravemente sfruttata, ha necessità.
"Illegalità nel basso Lazio – La festa continua". Leggi il numero
"La compresenza su quel territorio di un coacervo di gruppi ne ha segnato profondamente il tessuto economico-sociale e anche politico", ha spiegato il procuratore generale di Roma, Giovanni Salvi, all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2019. Nel 2020 la Dia ha quindi osservato che "il sud Pontino si caratterizza per la presenza di personaggi legati a vari gruppi criminali, ad esempio esponenti delle ‘ndrine calabresi dei Bellocco, Tripodo, Alvaro e La Rosa-Garruzzo. Sono nel tempo risultate operative proiezioni delle cosche reggine Aquino-Coluccio di Marina di Gioiosa Jonica e Commisso di Siderno. Conferma dell’attualità del coinvolgimento di soggetti di matrice calabrese nei traffici di stupefacenti condotti nel Pontino si è avuta con l’operazione Selfie del maggio 2019". Inoltre, risultano attivi "elementi dei clan Casalesi, Bidognetti. Poi Bardellino, Moccia, Mallardo, Giuliano. Ancora Licciardi, Senese e Zaza. Per i sodalizi campani, vista la contiguità geografica, il sud Pontino costituisce la naturale “area di delocalizzazione”. Sono praticati riciclaggio e reimpiego dei capitali nei settori dell’edilizia e del commercio. Con risorse investite soprattutto nel circuito agroalimentare e della ristorazione, nonché nell’acquisizione e nella gestione delle sale da gioco".
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La strana situazione del basso Lazio, ammaestrato da decenni di clientele politiche e interessi della camorra. Dove si fa festa per non pensare, e chi alza il dito è tacciato di moralismo e isolato.