Aggiornato il giorno 17 giugno 2024
Chiara è la mamma di un bambino di sette anni costretto fin dalla nascita a respirare aria malsana in un quartiere trafficato di Torino, fra le città più inquinate d’Italia e d’Europa. Al piccolo i medici hanno diagnosticato una forma di asma allergica che lo smog ha contribuito ad acuire e così, nel novembre del 2022, insieme al suo compagno, Chiara ha deciso di fare causa alla Regione Piemonte, chiedendo alla giustizia di riconoscere il diritto del bambino a respirare aria sana e, allo stesso tempo, accertare le responsabilità dell’ente, che non avrebbe adottato le misure necessarie a contenere l’inquinamento, nonostante i continui (e accertati) sforamenti giornalieri e annuali dei limiti sulle emissioni.
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La denuncia di Chiara rimanda alla storia di Ella Kissi-Debrah, la bambina di nove anni residente a Londra, malata di asma, morta nel 2013 per un’insufficienza polmonare. In quel caso, per la prima volta nella storia, la Corte londinese di Southwark stabilì che lo smog della capitale inglese aveva contribuito a causare il decesso della piccola.
L’azione civile avviata a Torino fa seguito a un fascicolo d’inchiesta, stavolta penale, aperto nel 2017 dalla procura piemontese a seguito dell’esposto presentato da Roberto Mezzalama, un cittadino torinese impiegato in una società di consulenza ambientale. Un addetto ai lavori che, preoccupato per la salute dei suoi tre figli, si è rivolto alla magistratura producendo una serie di documenti in cui si dimostra che l’aria in città è malsana e, soprattutto, che le azioni delle autorità (Comune e Regione) nella gestione del problema sono state inefficienti.
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Nell’esposto si legge che ogni anno a Torino muoiono 900 persone per colpa dell’inquinamento atmosferico e che il 7 per cento dei decessi registrati in Piemonte è causato dalla presenza di sostanze tossiche e cancerogene nell’aria. E ancora, che le emissioni nocive riducono di 22 mesi e 4 giorni l’aspettativa di vita dei residenti.
Ogni anno a Torino muoiono 900 persone per colpa dell’inquinamento
Non c’è dubbio che il clima e la conformazione geografica del Piemonte favoriscano l’inquinamento: la regione si trova al confine ovest della pianura Padana, l’area più produttiva del Paese, con milioni di persone che ogni giorno si spostano in auto e nei mesi invernali accendono il riscaldamento. Inoltre, le numerose aziende agricole rilasciano elevate quantità di ammoniaca, sostanza che contribuisce alla formazione delle polveri sottili (pm2,5 e pm10), talmente piccole da riuscire a penetrare nei polmoni e causare asma, bronchiti e patologie più serie.
Anche alla luce di queste peculiarità, la pianura Padana e quindi il Piemonte andrebbero trattati in modo “speciale”, adottando misure più severe rispetto a quelle intraprese in altre zone d’Italia per contenere le emissioni.
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Il decreto legislativo 155 del 13 agosto 2010 – che attua la direttiva europea 2008/50/UE – dispone, fra le altre cose, che in caso di superamento dei valori limite per ciascun agente inquinante, la Regione abbia l’obbligo di redigere un piano con le azioni necessarie affinché la situazione torni sotto controllo: ma la scarsa qualità dell’aria costituisce, infatti, un pericolo per la salute pubblica. In modo analogo, i sindaci devono emanare ordinanze per contenere le emissioni, limitando la circolazione dei veicoli a motore. Il piano per misurare la qualità dell’aria è redatto periodicamente e lo stesso vale per i blocchi del traffico, decisi quando l’aria è irrespirabile, ma entrambe le misure tamponano un’emergenza che poi si ripresenta con le medesime caratteristiche.
Il particolato, indicato con l’abbreviazione pm (particulate matter), è l’insieme di tutto il materiale non gassoso sospeso nell’atmosfera; una miscela complessa composta, fra le altre cose, da metalli tossici, sostanze organiche, carbonio, ecc. Le tipologie di particolato analizzate sono le pm2,5 e le pm10, che si differenziano per il diametro delle particelle, espresso in micron.
Queste due polveri sottili, se inalate, possono causare seri danni all’organismo e per questo motivo l’Europa ha fissato dei valori massimi consentiti, che l’Italia ha recepito con il dlgs 155/2010. In parallelo, nel corso degli anni, le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) hanno stabilito limiti più severi rispetto a quelli comunitari.
Lo stesso è accaduto con il biossido di azoto (NO2), un inquinante gassoso che deriva dai processi di combustione, con l’Oms che ha raccomandato un dimezzamento del limite annuo previsto dalla normativa (da 40 a 20 microgrammi al metro cubo). Il biossido di azoto è prodotto soprattutto dal traffico veicolare, con i mezzi a diesel che in Piemonte contribuiscono per il 92 per cento delle emissioni. Gli effetti sulla salute sono deleteri, con un incremento della mortalità causato da malattie cardiovascolari, polmonari e tumore al polmone.
Il piano per misurare la qualità dell’aria è redatto periodicamente e lo stesso vale per i blocchi del traffico, decisi quando l’aria è irrespirabile, ma entrambe le misure tamponano un’emergenza che poi si ripresenta con le medesime caratteristiche
Il pubblico ministero Gianfranco Colace, che coordina l’inchiesta torinese, contesta agli amministratori locali che hanno guidato Comune e Regione tra il 2015 e il 2019 il reato di inquinamento ambientale (articolo 452 bis del codice penale), uno degli “ecoreati” entrati in vigore nel maggio del 2015. Gli indagati di questo primo filone sono l’ex governatore Sergio Chiamparino, gli ex sindaci Piero Fassino e Chiara Appendino e gli ex assessori all’Ambiente di quelle giunte. Un secondo filone, che si riferisce al periodo successivo, vede indagati l’attuale presidente della Regione Alberto Cirio e il suo assessore Matteo Marnati.
Il magistrato ritiene che le misure adottate dalla Regione per contenere l’inquinamento non abbiano tenuto conto della vulnerabilità di gruppi sensibili della popolazione, ossia bambini, anziani e malati
Il magistrato ritiene che le misure adottate dalla Regione per contenere l’inquinamento non abbiano tenuto conto della vulnerabilità di gruppi sensibili della popolazione, ossia bambini, anziani e malati. Dalle carte emerge, inoltre, come a Torino dal 2015 al 2020 tutte le stazioni di rilevamento di pm 2,5 abbiano superato il limite di concentrazione raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), pari a 10 microgrammi su metro cubo. I rappresentanti delle istituzioni avrebbero dovuto ricorrere a "ordinanze urgenti in caso di emergenze sanitarie, quali possono essere ritenute quelle tra l’altro derivanti dal superamento dei valori limite di pm10, l’esposizione al quale inquinante è dimostrato essere agente causale di un eccesso di mortalità nella popolazione".
Riguardo al traffico veicolare, il Comune non ha adottato "se non eventualmente in parte e in maniera insufficiente e inefficace" misure di riduzione analoghe a quelle sperimentate in altre città italiane ed europee. Ad esempio, l’accesso a pagamento in una o più aree del centro per gli autoveicoli con elevati standard di emissioni e il divieto di accesso per quelli con standard inferiori; la promozione del trasporto pubblico cittadino attraverso agevolazioni tariffarie e finanziamenti dedicati.
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E ancora, l’incentivazione di servizi di bike sharing, la distribuzione di bonus per l’acquisto di biciclette, lo sviluppo di una rete capillare di piste ciclabili o, ancora, la limitazione della velocità a 30 km/h nei controviali cittadini e in altre strade, come di recente ha scelto di fare, non senza polemiche, il sindaco di Bologna Matteo Lepore.
In una memoria successiva, depositata in procura nel 2019, il comitato Torino Respira ha approfondito i danni causati dal biossido di azoto, prodotto soprattutto dai veicoli a diesel. Dai dati è emerso che il 91 per cento dei siti cittadini campionati presenta concentrazioni superiori ai limiti di legge su base mensile, l’84 su base annua. Inoltre, soltanto un sito presenta concentrazioni inferiori ai limiti raccomandati dall’Oms (in quel momento pari a 40 microgrammi per metro cubo). Le zone più inquinate sono in genere localizzate in prossimità di arterie stradali trafficate, ma i limiti sono sistematicamente superati anche nelle scuole campionate, con valori due-tre volte più elevati rispetto a quelli previsti dall’Oms.
Le zone più inquinate sono in genere localizzate in prossimità di arterie stradali trafficate, ma i limiti sono sistematicamente superati anche nelle scuole campionate, con valori due-tre volte più elevati rispetto a quelli previsti dall’Oms.
"A Torino le istituzioni dovrebbero prendere provvedimenti commisurati al contesto in cui le persone vivono", spiega a lavialibera Mezzalama, dal 2017 presidente del comitato Torino Respira, promotore di iniziative anti-inquinamento. "Da quando esiste la normativa sulla qualità dell’aria Torino è fuori legge – aggiunge –, eppure negli ultimi 20 anni la situazione in Europa è migliorata grazie alle politiche europee sui combustibili, che hanno eliminato il piombo dalla benzina e lo zolfo dal gasolio, e a quelle sui motori, con gli standard Euro nelle auto e nei camion che hanno aumentato la qualità della combustione e diminuito la concentrazione degli inquinanti negli scarichi. Inoltre, si è agito sui sistemi di scarico dei fumi delle aziende".
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Le misure green hanno prodotto risultati tangibili, ma a un certo punto la situazione si è stabilizzata su valori di emissioni comunque superiori rispetto ai parametri di legge. "L’errore delle amministrazioni locali – insiste Mezzalama – è non avere capito che la riduzione dell’inquinamento dovuto a quelle politiche prima o poi avrebbe raggiunto il plateau e che i limiti di legge nel tempo sarebbero cambiati, divenendo sempre più stringenti".In effetti, le linee guida stilate nel 2021 dall’Oms hanno sensibilmente abbassato i valori massimi delle emissioni. "Già si faticava a raggiungere i vecchi parametri, figurarsi i nuovi. E in futuro, con maggiori conoscenze scientifiche sui danni che l’inquinamento causa alla salute, i limiti si abbasseranno ancora".
"Ormai è evidente che i partiti di destra utilizzano l’ambiente per parlare alla pancia delle persone, eppure l’aria cattiva la respiriamo tutti, compresi i figli dei politici che negano l’inquinamentoRoberto Mezzalama
Numeri a parte, il grande problema delle politiche verdi è che risultano antipopolari. A eccezione di una sparuta fetta della popolazione sensibile all’argomento, sotto elezioni promettere aria pulita in cambio di qualche sacrificio (ridurre l’utilizzo dell’auto, procedere a velocità limitata, abbassare la temperatura massima del riscaldamento, ecc) non porta consensi, anzi favorisce chi in nome della produttività bolla le teorie ecologiste come inutili e dannose per l’economia nazionale.
"Ormai è evidente che i partiti di destra utilizzano l’ambiente per parlare alla pancia delle persone – dice Mezzalama –, eppure l’aria cattiva la respiriamo tutti, compresi i figli dei politici che negano l’inquinamento. Purtroppo, seppure in misura diversa, anche gli altri schieramenti sottovalutano la questione. Basti pensare che nel 2019 il Piano regionale di qualità dell’aria, approvato all’ultimo minuto dalla giunta regionale presieduta da Sergio Chiamparino, giaceva nel cassetto dal 2016 e si basava su dati fermi al 2013".
Dopo l’esposto presentato da Mezzalama e l’avviso di chiusura delle indagini preliminari deciso dalla procura nel luglio 2023, il processo si aprirà il prossimo 18 giugno. Nel frattempo, gli avvocati dei politici imputati continuano a respingere ogni accusa, sostenendo che i loro assistiti si sono sempre adoperati per migliorare la qualità dell’aria. Ciò che ha spiazzato gli inquirenti è che nessun indagato, anche tra le fila della sinistra, ha mai chiesto un incontro con il pubblico ministero. Sulla questione Mezzalama commenta con sarcasmo: "Sembra quasi che il mestiere del sindaco e del presidente della Regione sia quello dell’operatore turistico. Promuovono il territorio e le sue bellezze, ripetono che va tutto bene e che non c’è alcun problema, ma in realtà nascondono alla gente la verità. Invece bisognerebbe fare come Winston Churchill, che durante la seconda guerra mondiale, rivolgendosi agli inglesi, disse loro di aspettarsi lacrime e sofferenza. O, più di recente, come il sindaco di Londra Sadiq Khan, che nel suo libro Respirare, in cui racconta il percorso intrapreso per rendere la capitale inglese più verde, spiega ai concittadini che il problema inquinamento esiste e va risolto. È così che si fa, negare l’evidenza non serve a nessuno".
Da lavialibera n°25
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