
Gaza, il governo italiano sotto accusa per complicità in genocidio e nel blocco della Flotilla

2 ottobre 2025
Dopo aver subìto, nel corso dell’estate appena conclusa, intimidazioni, incendi e danni che hanno messo in difficoltà le imprese economiche e il recupero di beni confiscati alle mafie, i rappresentanti di tre cooperative sono stati ascoltati il 24 settembre dal secondo comitato della commissione antimafia. Domenico Fazzari della cooperativa Valle del Marro di Polistena (Reggio Calabria), Alfio Curcio della cooperativa Beppe Montana di Lentini (Siracusa) e Francesco Pascale, direttore di Terra Felix a Succivo (Caserta) hanno potuto spiegare ad alcuni parlamentari le difficoltà di chi quotidianamente si impegna per gestire i terreni tolti alla criminalità organizzata cercando di creare lavoro e benessere per aree disagiate.
Nuovi attentati alle cooperative che coltivano i terreni tolti alle mafie
“L’ascolto è stato importante e momenti di incontro con le istituzioni dovrebbero aumentare"Francesco Pascale - Società cooperative Terra Felix
“Abbiamo potuto approfondire i fatti che hanno riguardato queste società. Le persone che scelgono di fare questo percorso di vita coraggioso nella gestione dei beni confiscati meritano l’attenzione e il sostegno delle istituzioni”, ha spiegato a lavialibera il coordinatore, Erik Pretto (Lega), ricordando che l’audizione è stata richiesta dalla senatrice Enza Rando (Pd), “a dimostrazione del percorso condiviso tra maggioranza e opposizione”, ha sottolineato lui. "Dopo gli eventi di questa estate, che non sono i primi, ho ritenuto opportuno avvisare la commissione antimafia e in particolare il comitato che si occupa di beni confiscati – spiega la senatrice Rando –. Il presidente del comitato si è dimostrato sensibile e abbiamo organizzato un'audizione, così che resti agli atti il loro racconto".
“Trovo positivo che abbiano dato voce alle nostre realtà. Ci dà forza il fatto che una storia come la nostra sia stata ascoltata da dei parlamentari”, afferma Fazzari, direttore della cooperativa della Piana di Gioia Tauro, obiettivo di quattro intimidazioni nel corso di un mese, tra cui il grave incendio a oltre ottocento olivi biologici. “L’ascolto è stato importante e momenti di incontro con le istituzioni dovrebbero aumentare – dice Pascale di Terra Felix –. Abbiamo raccontato quanto fatto negli anni e le difficoltà provocate dagli atti che subiamo”, come l’incendio doloso che il 6 luglio scorso ha distrutto per il terzo anno consecutivo i terreni coltivati confiscati al boss della camorra, Francesco “Sandokan” Schiavone. “In un territorio come quello della provincia di Caserta, dove la disoccupazione avanza e aumentano i neet (i giovani che non studiano e non lavorano, ndr), il riutilizzo dei beni confiscati e i posti di lavoro che creano sono importanti”, sottolinea Pascale.
La presenza del clan in questi territori è ancora forte: “Due settimane dopo l’incendio, il figlio del boss, Ivanhoe Schiavone, è stato arrestato perché riscuoteva gli utili dei terreni del padre intestati a prestanome”, aggiunge il direttore di Terra Felix. Come dice Alfio Curcio della società cooperativa Beppe Montana, impegnata sui campi agricoli tolti a Cosa nostra, “più facciamo bene il nostro lavoro, più siamo sotto attacco. Le nostre cooperative, e non solo loro, sono viste male”.
Durante l'audizione è emerso un problema comune legato all'uscita dal carcere dei boss, o di molti ex proprietari condannati e incarcerati, e al loro ritorno sul territorio. Ad esempio, proprio il giorno prima dell'appuntamento con i parlamentari, l’operazione Res Tauro aveva riportato in cella il boss della ‘ndrangheta, Pino Piromalli, che – tornato in libertà dopo oltre 22 anni di detenzione – aveva ripreso il controllo dell’area di Gioia Tauro e delle attività. “Bisogna continuare a sostenere il nostro lavoro – riprende Fazzari – perché dobbiamo essere pronti a occupare gli altri spazi liberati dagli arresti e dai sequestri”, e quindi evitare che beni e terreni tornino nella mani sbagliate e non generino economie pulite. “I beni devono essere riutilizzati nel più breve tempo possibile, prima che deperiscano”, aggiunge.
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Per Pretto (Lega), bisogna prevedere "delle durate maggiori per le concessioni, anche perché nell’agricoltura ci sono dei costi da anticipare e investimenti e inoltre gli alberi da frutto hanno bisogno di anni per rendere”
Tante sono le difficoltà, spesso burocratiche, su cui la commissione antimafia può intervenire con proposte. Pretto sta pensando a una soluzione che potrebbe migliorare la gestione dei terreni agricoli confiscati. “Quando un comune o un ente locale che ha in gestione un bene così lo affida alle organizzazioni, fa dei bandi di concessione della durata di cinque anni, che sono troppo pochi per chi opera nel settore agricolo – spiega il deputato –. Un terreno è diverso da un immobile a uso abitativo, commerciale o direzionale. Quindi va ripensato questo aspetto prevedendo delle durate maggiori per le concessioni, anche perché nell’agricoltura ci sono dei costi da anticipare e investimenti e inoltre gli alberi da frutto hanno bisogno di anni per rendere”. Per questo “se a livello istituzionale riuscissimo a dare questa linea guida, forniremmo dei riferimenti ai funzionari che scrivono i bandi”. Conferma Curcio, secondo cui “c’è bisogno che gli enti locali abbiano delle linee guida, perché la durata deve essere legata alla tipologia di bene”. Un esempio sono gli agrumeti e gli oliveti, che danno frutto molti anni dopo la messa a dimora: “Non sono come i terreni seminativi, i cui risultati arrivano di stagione in stagione”, spiega.
“Negli ultimi dieci anni, amministrazioni comunali e l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati hanno pubblicato bandi per concessioni brevi, di cinque o dieci anni – aggiunge Fazzari – e questo non è di aiuto. Un impianto arboreo ha bisogno di almeno cinque anni dalla messa a dimora degli alberi per ottenere i primi frutti di qualità”. In certi casi, le società hanno ottenuto condizioni più favorevoli: “Per i nostri contratti, negli anni noi abbiamo avuto concessioni con tempi lunghi, ma sono in scadenza e servirebbe un meccanismo per un rinnovo rapido”.
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Il problema della scadenza dei comodati d'uso e del loro rinnovo è stato sottolineato da molti. Con tempi burocratici lunghi e incerti, i terreni e gli alberi rischiano di rovinarsi, rendendo più complesso il riavvio. C'è poi il nodo legato alle spese anticipate, spesso dai singoli soci delle cooperative che faticano a ottenere prestiti e garanzie dalle banche: “Noi facciamo investimenti privati su dei beni pubblici. Bisogna ‘ricaricare’ le aziende che hanno svolto un buon lavoro”, afferma Curcio.
Il rischio, quindi, è che dopo anni di spese, non ci sia modo di godere dei risultati o, peggio, di veder tutto perduto. Capita inoltre che gli enti locali non vogliano partecipare a bandi per l'utilizzo di fondi pubblici fondamentali per le attività.Tutti temi su cui il comitato II dell’Antimafia continuerà ad approfondire per arrivare ad alcune proposte normative. "Credo sia stata un'audizione importante – conclude Rando – anche per vedere se ci sono strumenti che si possono migliorare e attivare, anche sul risarcimento dei danni subiti, dei veri atti intimidatori ambientali".
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