Roma, 18 febbraio 2022. Il presidente del Consiglio Mario Draghi coi ministri Daniele Franco, Giancarlo Giorgetti e Roberto Cingolani (Da governo.it - licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT)
Roma, 18 febbraio 2022. Il presidente del Consiglio Mario Draghi coi ministri Daniele Franco, Giancarlo Giorgetti e Roberto Cingolani (Da governo.it - licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT)

Ambiente ed energia, la carica delle lobby italiane

Non appena la Commissione europea ha annunciato i fondi per la ripresa economica post pandemia, le industrie fossili si sono mosse per tutelare i propri interessi

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

21 febbraio 2022

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Uomini e donne che sussurrano alle orecchie di politici e funzionari, stringono mani allungando pareri, analisi se non addirittura emendamenti, testi di leggi e progetti già pronti. Li chiamiamo lobbisti, ma sui curriculum e sui biglietti da visita troveremo definizioni come rappresentanti di interessi, responsabili delle relazioni esterne o istituzionali. Organizzano conferenze, frequentano bar e ristoranti vicino ai palazzi del potere a Roma o i corridoi del parlamento. Sono eleganti, hanno modi di fare cortesi e puntuali, si dicono disponibili consegnando il loro biglietto da visita ai parlamentari e ai loro collaboratori. Alcuni possono anche permettersi di saltarli e accedere ai centri decisionali. Certe grosse società del settore energetico, ad esempio, vanno direttamente ai ministeri, dove sono attivissime in questi mesi di discussioni sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), con l’arrivo dei miliardi di euro dall’Europa per la transizione energetica.

L'industria fossile è l'elefante nella stanza

Aziende di Stato, interessi privati

L’associazione ReCommon, che lotta "contro gli abusi di potere e il saccheggio dei territori", ha scoperto che non appena la Commissione europea ha annunciato lo stanziamento del recovery fund, le industrie fossili italiane si sono mosse per tutelare i loro interessi ottenendo almeno 102 incontri tra il luglio 2020 e il giugno 2021 soltanto al ministero dell’Ambiente (ora della Transizione ecologica) e a quello dello Sviluppo economico, senza contare quelli col ministero dell’Economia e la presidenza del Consiglio dei ministri, che hanno preferito non fornire informazioni sulle loro agende. Attiva nell’estrazione di petrolio e gas, Eni – la principale azienda italiana controllata dallo Stato tramite il ministero dell’Economia e la società Cassa depositi e prestiti (Cdp) – ha ottenuto venti incontri. Altrettanti ne ha ottenuti Snam, società di infrastrutture energetiche controllata da Cdp. Snam ed Eni hanno avuto molti incontri col ministero della Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani: "oltre tre incontri a settimana, di cui 18 con la presenza del ministro in persona", si legge nel rapporto Ripresa e connivenza di ReCommon.

A metà dicembre 2020 in otto giorni Eni, Snam ed Enel hanno ottenuto sei incontri per discutere la Strategia nazionale per l’idrogeno: "La versione successiva del Piano includeva infatti tutte le principali richieste del comparto fossile, stanziando circa 2,7 miliardi per progetti presentati da Eni", scrive nel suo documento l’associazione. Nel 2021, con l’arrivo al governo di Mario Draghi e coi primi lavori sul Pnrr, è aumentata la frequenza degli incontri: "Tra febbraio e aprile 2021, il comparto energetico ha preso letteralmente d’assalto i centri di potere istituzionali, organizzando 49 incontri con il ministero per la Transizione ecologica e quello per lo Sviluppo economico".

Eni, Snam ed Enel sono aziende di cui lo Stato detiene una quota e soprattutto il controllo. Sono strategiche e godono di vie privilegiate, tant’è che – come rivela ReCommon – sulla base di un protocollo d’intesa siglato nel 2008 nell’ottica del "sostegno all’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano", il cane a sei zampe ha potuto distaccare tre manager (in successione) al ministero degli Esteri. Che a sua volta ha assegnato “temporaneamente” un proprio funzionario diplomatico alla multinazionale. Anche Enel può contare su uno scambio simile.

Nel 2022 la Camera ha approvato la prima leggi per regolamentare le lobby. Sarà la volta buona?

Le organizzazioni di categoria

In altri casi, invece, è il governo a convocare aziende e organizzazioni di categoria (come ad esempio l’Unione petrolifera o l’Assopetroli) o ad aprire le discussioni alle lobby, i portatori di interessi, come ha fatto il dipartimento delle Politiche europee per discutere il Fit for 55, il pacchetto di misure per l’energia e per il clima promosso dalla Commissione europea con l’obiettivo di ridurre del 55 per cento le emissioni climalteranti entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990). Questa volta a essere ascoltati al tavolo interministeriale sono stati non solo i rappresentanti dell’industria e del settore energetico, ma anche le organizzazioni ambientaliste Legambiente, Wwf e Greenpeace.

A livello parlamentare i rappresentanti delle aziende e delle associazioni di categoria si muovono seguendo altre regole. In primis, monitorano i lavori parlamentari, soprattutto della commissione Industria al Senato e Attività produttive alla Camera, senza disdegnare le varie commissioni Ambiente o, talvolta, quelle Difesa. Valutano poi la necessità di poter intervenire chiedendo un’audizione (se non vengono convocati) per esporre il loro punto di vista o per consegnare materiale informativo. In altri casi, invece, si cerca di incontrare i singoli parlamentari (alla Camera i rappresentanti di interessi sono tenuti a comunicare, ogni anno, chi hanno incontrato). 

Nel computo dei responsabili delle relazioni istituzionali c’è anche la predisposizione di norme, emendamenti o altri atti per tutelare i propri interessi. In questa legislatura i rappresentanti delle industrie fossili possono contare sull’ascolto attento di alcuni politici sensibili al tema. Ad esempio i leghisti come il sottosegretario del ministero della Transizione ecologica Vannia Gava e il senatore Paolo Arrigoni, responsabile delle politiche energetiche del Carroccio. Oppure Luca Squeri ed Erica Mazzetti di Forza Italia. Gava e Mazzetti erano anche tra le parlamentari che hanno preso parte all’incontro organizzato il 16 dicembre scorso all’Associazione italiana nucleare insieme ad alcune società del settore. I convegni sono uno dei modi per poter intrecciare rapporti con i politici e il loro staff e far passare i propri interessi. Poi ci sono le attività fuori dal parlamento.

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