25 febbraio 2022
Siamo di fronte a una forte crescita dei prezzi dell’energia. E mentre alcuni, come il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, trovano gioco facile sostenendo che si tratti degli “effetti collaterali della transizione ecologica abbracciata dall’Europa”, altri sottolineano, dati alla mano, che l’aumento dei prezzi è in gran parte legato ad altri fattori, tra cui le tensioni geopolitiche con la Russia e l’esplosione della domanda di gas per la ripresa post pandemia. A queste cause contingenti si aggiungono la vulnerabilità del nostro paese sul fronte dell’approvvigionamento energetico e la crescita troppo lenta del settore delle rinnovabili.
L’Autorità per la regolazione di energia, reti e ambiente (Arera) ha fatto sapere che nel primo trimestre del 2022 le famiglie pagheranno il 55 per cento in più per la bolletta dell’elettricità, e il 41,8 per cento in più per quella del gas. Secondo Confindustria, nel 2022 le imprese pagheranno in più 37 mld di euro.
Nel primo trimestre del 2022 le famiglie pagheranno il 55 per cento in più per la bolletta dell’elettricità
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Già da metà del 2021 le forniture di gas russo si erano ridotte, meno 25 per cento a febbraio, addirittura meno 40 per cento a gennaio. Ma non tutti i Paesi europei hanno mostrato la stessa vulnerabilità rispetto alle forniture di gas dalla Russia. Come mostrato da Ispi, la vulnerabilità di una nazione non dipende solo dal fatto di essere grandi importatori di gas, ma anche dalla quantità di gas che si produce in proprio e da quanto se ne utilizza rispetto ad altre fonti di energia.
In Italia, il 38% del gas è importato dalla Russia
In Italia, la nostra produzione interna copre soltanto il 4 per cento del fabbisogno nazionale, mentre il resto è importato: il 38 per cento proprio dalla Russia. Dopo la crisi petrolifera del 1973, i paesi del vecchio continente hanno fatto crescere la domanda di gas, tanto che oggi ne consumano il quadruplo rispetto ai volumi del 1970. Come ricorda Ispi, malgrado le intenzioni fossero quelle di diversificare le forniture, ”il calo di produzione in Norvegia, i problemi di produzione in Algeria e l’instabilità in Libia hanno al contrario aumentato la dipendenza europea da Mosca. Tra il 2009 e oggi la quota di gas che l’Ue riceve dalla Russia è risalita fino a circa il 50 per cento del totale”. Ciò significa che i prezzi sul mercato sono fortemente influenzati dalle strategie adottate da Gazprom, l’azienda russa che gestisce il settore.
Non saremmo in questa situazione se nel sistema ci fossero più energie rinnovabili. Intervistati da Oggiscienza, i ricercatori Enea Francesco Gracceva e Daniela Palma hanno spiegato che la diffusione delle tecnologie per la transizione energetica sono proseguite “a ritmi incessanti”. "Sebbene nel 2021 gli investimenti globali nelle rinnovabili supereranno i mille miliardi di dollari, si tratterà comunque di una cifra pari a meno di 1/3 di quella stimata necessaria per spostare il sistema energetico su una traiettoria in linea con gli obiettivi di azzeramento delle emissioni nette di CO2 entro il 2050", hanno spiegato i due scienziati. Ma il dato più interessante è ancora un altro e riguarda gli investimenti nelle tecnologie: "La transizione energetica dovrebbe dunque essere accelerata e, una delle misure chiave segnalate dall’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) è un forte impulso all’innovazione nell’ambito delle clean energy technologies ( tecnologie energetiche pulite) perché se le tecnologie necessarie per raggiungere i target intermedi del 2030 sono già tutte disponibili, quasi la metà delle tecnologie necessarie per raggiungere i target 2050 sono invece ancora allo stato dimostrativo o prototipale, con percentuali ancora maggiori nel caso dell’industria pesante e dei trasporti di lunga distanza".
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Nell’ultimo quinquennio le innovazioni nel settore delle tecnologie energetiche pulite hanno subìto una battuta d’arresto rispetto a quelle nell’ambito delle energie da fonti fossili
Nell’ultimo quinquennio le innovazioni nel settore delle tecnologie energetiche pulite hanno subìto una battuta d’arresto, rispetto a quelle nell’ambito delle energie da fonti fossili, anche per una riduzione degli investimenti pubblici. "La stessa commissione Europea ha peraltro stimato che per raggiungere i nuovi obiettivi climatici sarebbero necessari 300 miliardi di euro di investimenti “verdi” all’anno nell’arco di un decennio, mentre a tutt’oggi i piani di intervento finanziario che ricadono nell’ambito del Green Deal e del NextGenerationEu ne annoverano complessivamente solo 140. Sotto il profilo della capacità innovativa, la situazione europea presenta ampie differenziazioni tra i paesi membri, con maggiori difficoltà in generale per quelli del sud Europa (tra cui l’Italia) e le economie dell’est", concludono i ricercatori.
In Italia è necessario installare almeno 70 Gigawatt (Gw) di potenza da fonti rinnovabili se si vogliono rispettare gli obiettivi europei. Traguardi, denuncia Legambiente, che l’Italia con i suoi 0,8 Gw di potenza media annua installata negli ultimi 7 anni rischia di veder raggiunti non prima del 2100. Nel rapporto Scacco matto alle rinnovabili, l’associazione ambientalista elenca le difficoltà di un sistema che rischia di non riuscire a installare i necessari 9 Gw di rinnovabili l’anno: dal quadro normativo disomogeneo, alle lungaggini burocratiche, fino allo scarso coinvolgimento dei territori. "Anche il mio miglior progetto, se calato dall’alto, rischia, infatti, di non vedere la luce" si legge nel Rapporto, che avanza una proposta: obbligare all’uso del dibattito pubblico anche per la realizzazione con procedure partecipate degli impianti da fonti rinnovabili come quelli eolici, agrivoltaici e a biometano.
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