Aggiornato il giorno 13 aprile 2022
Nicola Gratteri, Giovanni Russo o Giovanni Melillo. Uno di loro tre sarà il procuratore che guiderà la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa) – che coordina, a livello nazionale, le indagini sulla criminalità organizzata – al posto del procuratore nazionale Federico Cafiero De Raho, in pensione dalla fine di febbraio. La quinta commissione del Consiglio superiore della magistratura (Csm) mercoledì 13 aprile ha scelto questi tre nomi da sottoporre al plenum del Csm, che dovrà prendere la decisione finale.
Erano sei i candidati al posto. Oltre a Melillo, attualmente capo della procura di Napoli; Gratteri, procuratore a Catanzaro, e Russo, procuratore nazionale aggiunto (che sta guidando la Dnaa nell’attesa del nuovo vertice), erano candidati anche il capo della procura di Catania, Carmelo Zuccaro e il suo omologo di Messina, Maurizio De Lucia; e infine il procuratore di Lecce, Leonardo Leone De Castris. Avevano presentato la loro domanda anche Francesco Lo Voi, procuratore capo a Palermo, da poco nominato alla guida della procura di Roma; e Marcello Viola, procuratore generale di Firenze scelto giovedì 7 aprile per occupare l’ufficio più importante della procura di Milano.
Martedì 5 aprile i componenti della quinta commissione del Csm, il cui incarico è quello di nominare i vertici degli uffici giudiziari, hanno potuto “interrogare” i candidati circa le loro competenze e i loro progetti sull’organizzazione interna della Dnaa, sul possibile rafforzamento della normativa, sul coordinamento delle direzioni distrettuali antimafia e – aggiunge il Fatto quotidiano – sul lavoro del pool che si occupa delle stragi di Cosa nostra. La commissione ha scelto una rosa ristretta, che sarà valutata dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia: nella maggior parte dei casi si tratta di una procedura formale. Dopodiché, sarà il plenum del Csm, cioè la totalità dei consiglieri, a dover esprimersi. Secondo l'edizione napoletana de La Repubblica, la nomina dovrebbe arrivare entro il 5 maggio.
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Tre in particolare sono i candidati scelti: Melillo, Gratteri e Russo.
Foggiano d’origine, Melillo ha passato gran parte della sua carriera a Napoli, dove negli anni Novanta, poco più che trentenne, lavora come sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia e comincia a occuparsi di un tema nuovo, le ecomafie. Per otto anni alla Dna, segue il coordinamento di alcune direzioni distrettuali (Bari e Bologna) e partecipa alle indagini sulle bombe del 1993 a Firenze, Roma e Milano. Tornato nella sua città d’adozione, diventa procuratore aggiunto e, inseguito, coordinatore della Dda per le inchieste sui clan della città. Torna a Roma, questa volta come capo di gabinetto dell’allora ministro della Giustizia del governo Renzi, Andrea Orlando. Finita quella breve esperienza, si candida come procuratore capo di Napoli e trova come suo concorrente diretto proprio Cafiero De Raho: la scelta del Csm ricade sul primo, con 14 preferenze contro le nove del secondo, che però ottiene la meglio nella corsa per la Dnaa.
Se nominato, Melillo potrebbe essere il terzo procuratore di scuola napoletana a guidare la principale autorità antimafia.
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Magistrato espertissimo della ‘ndrangheta, su cui ha scritto molti best seller, Gratteri ha bisogno di poche presentazioni. Indipendente dalle correnti della magistratura, molto tenace, diventa magistrato nel 1986 e vive sotto scorta dal 1989, ha dedicato la sua intera carriera a combattere, con le armi della giustizia, la criminalità organizzata. Nel 2009 è stato nominato procuratore aggiunto a Reggio Calabria, nella procura che è stata guidata anche da Cafiero De Raho prima del passaggio alla Dnaa. Nel 2014 sembrava in procinto di essere nominato ministro della Giustizia del governo di Matteo Renzi, ma sul suo nome il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano pose un veto. Dal maggio 2016 guida la procura di Catanzaro, dove ha condotto – insieme ai suoi colleghi – l’indagine Rinascita Scott. Nelle vesti di capo della procura calabrese si è battuto per potenziare la macchina investigativa e giudiziaria in Calabria. Il Csm ha confermato il suo incarico a Catanzaro lo scorso dicembre per il secondo quadriennio. Se non dovesse farcela nella corsa per la Direzione nazionale, sostengono alcuni quotidiani, potrebbe candidarsi alla guida dei pm di Napoli nel caso in cui Melillo dovesse avere la meglio liberando il suo ufficio partenopeo.
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In magistratura dal 1985, dopo diversi anni alla procura di Napoli, nel 2009 passa alla Dnaa e dal 2016 ne diventa procuratore aggiunto e, in quanto vicario, ha diretto le attività dal momento del pensionamento di De Raho. Coordina le sezioni “Cosa nostra”, “Mafie straniere e altre mafie” e altri ambiti. Tra le sue attività, c’è l’affiancamento del procuratore nazionale nel coordinamento dei gruppi di lavoro “Mafie ed entità esterne nelle stragi ed altri delitti” e “Indagini collegate in materia di ricerca latitanti”. I commissari del Csm potrebbero prediligere la sua lunga esperienza all'interno degli uffici di via Giulia.
La Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo è uno dei progetti fortemente voluti da Giovanni Falcone e introdotto nel 1991 con un pacchetto di norme per potenziare la lotta alla mafia, tra cui la creazione di 26 direzioni distrettuali antimafia e della Direzione investigativa antimafia. La sua sede si trova in via Giulia, a Roma, ed è incardinata formalmente nella procura generale presso la Corte di cassazione. Per questa ragione il procuratore nazionale antimafia deve essere un magistrato di rango non inferiore a un magistrato della Cassazione e con “specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata”. I venti sostituti, invece, devono avere una “qualifica non inferiore a quella di magistrato di corte di appello”.
Tra i compiti della Dnaa, quello principale è coordinare le indagini delle singole direzioni distrettuali antimafia, talvolta dando anche degli impulsi a nuove inchieste. Deve anche occuparsi degli eventuali conflitti sullo svolgimento delle indagini. Se i pm distrettuali non osservano le direttive o il coordinamento non è efficace, la Dnaa può assumerne le indagini. Molto importante è, inoltre, la formulazione di pareri per l'applicazione del carcere duro (41-bis) o per l'ingresso degli aspiranti collaboratori di giustizia nei programmi di protezione.
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