Una porzione dello stabilimento Miteni di Trissino (Vi)/Wikimedia
Una porzione dello stabilimento Miteni di Trissino (Vi)/Wikimedia

Processo Miteni, l'ex dirigente ammette: "Pfas, non sapevamo come cercarli"

L'ex vicepresidente Carlo Maria Gloria, sentito al processo in corso a Vicenza, era al corrente della tossicità dei pfas ma non ha mai avvertito le istituzioni e disposto una ricerca interna alla fabbrica per prevenire eventuali patologie

Laura Fazzini

Laura FazziniGiornalista

8 aprile 2024

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“Nessuno ci chiese dei pfas e non sapevamo neppure come cercarli, perché all’epoca mancava la metodologia per condurre analisi specifiche”. Così l’ex vicepresidente della Miteni Carlo Maria Gloria, sentito a più riprese al tribunale di Vicenza, dove 15 ex manager dell’azienda chimica di Trissino (Vi), dichiarata fallita nel 2018, sono accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.

Cosa sono i pfas?

Gloria, responsabile del laboratorio ricerche della società dal 1975 e vicepresidente fino al 2005, ha confermato la scelta dell’azienda di non cercare i pfas rilasciati in ambiente, spiegando che in Italia non vi era alcuna legge che ne vietava l'utilizzo. Dalle parole del dirigente è emerso che fosse a conoscenza della tossicità dei pfas, avendo anche partecipato alle riunioni internazionali in cui le produttrici statunitensi – le prime a rendersi conto della pericolosità di questi composti – discutevano sulla chiusura della produzione.

Gloria, responsabile del laboratorio ricerche della società dal 1975 e vicepresidente fino al 2005, ha confermato la scelta dell’azienda di non cercare i pfas rilasciati in ambiente

A Vicenza Gloria non è indagato. Lo era stato, accusato di lesioni personali ai danni degli operai Miteni, dopo che la Cgil di Vicenza aveva presentato un esposto, ma a ottobre 2023 quel procedimento è stato archiviato per mancanza di nesso causale accertato e per prescrizione.

Falda inquinata dal 1978

“Alla fine del ’78 il medico provinciale di Vicenza ci contattò segnalando la presenza di sostanze estranee in alcuni pozzi vicino al nostro stabilimento, si accertò che quelle sostanze nella falda erano originate dalla nostra Rimar (Ricerche Marzotto) , l’allora Miteni”, ha raccontato Gloria agli inquirenti. Quelle sostanze erano i btf (benzotrifluoruri), prodotti da Miteni fin dagli anni ’60, rintracciati perché coloravano acque e terreno di giallo e avevano un odore particolare.

Qualcuno fermi i Pfas

“Ma non non pensavamo ci fossero anche pfas”, ha aggiunto l’ex dirigente. È noto che i pfas negli anni ’70 non fossero normati, basti pensare che oggi, a distanza di 50 anni, i limiti per gli scarichi industriali esistono solo in Veneto e Piemonte. Quei btf finirono nella rete potabile di Vicenza e portarono al cambio della fonte di approvvigionamento per la popolazione, con Miteni che dovette chiedere l’allacciamento al depuratore consortile di Trissino, autorizzazione che arrivò il 10 marzo 1988. “In questo documento rilasciato dal gestore idrico – spiega Gloria – erano segnalate tutte le sostanze che producevamo, anche i pfas”. A fine anni Ottanta, quindi, gli enti rilasciarono un’autorizzazione senza compiere nessun accertamento sulla pericolosità delle sostanze disperse nelle acque e non controllate in ambiente.

Le analisi in ambiente, la scelta di non cercare pfas

Il 1° gennaio del 1989EniChem e la giapponese Mitsubischi rilevarono la Rimar e il nome della società divenne Miteni. In aula Gloria ha spiegato che questa nuova società doveva rispondere alle prime regole ambientali: nel 1990, infatti, sono richieste delle autorizzazioni specifiche per il rilascio in ambiente di sostanze chimiche. Il 25 agosto del 1990 Miteni ottenne il permesso per  poter scaricare nel torrente Poscola le acque utilizzate per raffreddare degli impianti, di norma acque pulite, e in fognatura quelle utilizzate per la produzione, conteneneti tutte le sostanze presenti nello stabilimento e quindi inquinate.

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Gloria ha ricordato che l’autorizzazione venne concessa, ma anche in questo documento rilasciato dalle istituzioni pubbliche non vi era nessun riferimento alla produzione di pfas. Nello stesso anno, però, la società di consulenza ambientale Ecedeco, contattata da Miteni per produrre il dossier utile all’ottenimento dell’autorizzazione, indicò la possibile contaminazione da sostanze in alcuni punti del polo chimico, consigliando all’azienda di prestare attenzione sia per il rilascio in ambiente sia per l’esposizione degli operai.

Nel '90 la società di consulenza ambientale Ecedeco indicò la possibile contaminazione in alcuni punti del polo chimico, consigliando a Miteni di prestare attenzione per il rilascio in ambiente e per l’esposizione degli operai

“Il punto più critico era una vasca che raccoglieva tutte le acque reflue, in cui Ecodeco individuava una possibile perdita. Ci siamo operati per metterla in sicurezza”, ha spiegato Gloria. Nel 1996 la Erm, società di consulenza ambientale, comunicò a Miteni la possibile fuoriuscita dal sito produttivo di sostanze fino alla contaminazione della falda. Per questo fu consigliato di creare dei punti di monitoraggio, soprattutto perché la falda era fonte di possibile approvvigionamento di acqua potabile per i comuni vicini. Ma il responsabile del laboratorio di ricerca, Carlo Maria Gloria, sul punto non è d’accordo.

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“Erm aveva commesso degli errori definendo i btf erbicidi – ha osservato – per questo chiesi la consulenza di un esterno esperto in chimica e ambiente, il dottore Walter Formenton”. Nel 1998 Formenton consegnò un dossier in cui evidenziava dei picchi di contaminazione da btf della falda sottostante la fabbrica, che alimenta tre provincie venete come acqua potabile, per una popolazione di 350mila persone. Formenton in quel momento era assessore all’ambiente per la Provincia di Vicenza, organo pubblico preposto al rilascio delle autorizzazioni ambientali per le aziende chimiche. Gloria decise insieme ai vertici di Miteni di installare dei pozzi spia per monitorare l’andamento della falda, ma non fu inviata alcuna segnalazione di inquinamento, né si cercarono i pfas.

Le mosse delle grande aziende produttrici

Per capire meglio il ruolo di Carlo Maria Gloria nella gestione della produzione di pfas è stato chiamato a testimoniare Guglielmo Di Pierro, ex responsabile commerciale di Miteni. A sua disposizione gli inquirenti hanno messo i documenti prodotti dall’avvocato statunitense Robert Bilott, considerato lo scopritore del grande inquinamento da pfas negli Stati Uniti. Questi dossier, essenziali per capire la strategia delle lobby produttrici, non sono ancora stati tradotti né dal pubblico ministero né dalla Corte, rendendo il lavoro degli avvocati e dei giudici popolari più complesso.

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A Di Pierro, in particolare, sono stati presentati due verbali di riunioni svolte a Washington nel 1999 tra le produttrici e utilizzatrici di pfas. Incontri in cui Di Pierro partecipò insieme a Gloria e il medico interno di Miteni Giovanni Costa. “Sono stati meeting utili a capire cosa volessero fare le altre produttrici, le leader mondiali 3M e Dupont – ha detto Di Pierro – che in quegli anni iniziavano a sospettare della pericolosità del pfoa (acido che appartiene alla famiglia dei pfas ndr). A noi dissero di voler sospendere la produzione perché c’era un pericolo per l’esposizione dei lavoratori e per l’ambiente. Ma non ci consegnarono dati sugli operai, non ci fu nessuna collaborazione”.

In realtà la pericolosità del pfoa in quanto sostanza tossica era già stata evidenziata alla fine degli anni ‘70 e lo stesso Costa, per conto di Miteni, aveva partecipato a degli studi condotti con Dupont e 3M nel 1993. Per la realizzazione di questi studi, le società avevano raccolto dati anche sulla dispersione nell’ambiente, sia interno alle industrie che esterno, rilevando alte concentrazioni di pfas nell’aria, in acqua e nei terreni.

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Gli inquirenti hanno chiesto a Di Pierro cosa successe in azienda dopo quei viaggi negli Usa. “Non ricordo, Miteni aveva un ruolo marginale rispetto a 3M o Dupont, avremmo dovuto seguire le loro scelte industriali e adeguarci. Per i nostri operai decidemmo di analizzare il pfoa nel sangue”. Alla fine degli anni Novanta le produttrici di pfas negli Stati Uniti iniziarono un lungo processo che porterà al blocco della produzione di pfoa, mentre le sorelle europee, Miteni e Solvay, non informarono le istituzioni pubbliche del rischio sanitario e ambientale di queste sostanze.

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L’allarme sociale nato negli Stati Uniti alla fine degli anni Novanta non tardò ad arrivare anche in Europa, dove l’associazione PlasticsEurope coordinò delle riunioni annuali tra produttrici e utilizzatrici, a cui parteciparono anche Miteni e Solvay. “Quando l’agenzia per l’ambiente degli Stati Uniti capì che l’attività di 3M e Dupont sui pfas era colpevole di inquinamento  – ha detto Gloria – informò la Confindustria americana, che a sua volta contattò quella europea. Nel 2005 Federchimica ci consigliò di parlare con le istituzioni italiane”.

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Un primo incontro tra Miteni e l’Istituto superiore di sanità avvenne nel 2005. Per l’Iss era presente la dottoressa Paola Di Prospero, responsabile della regolamentazione europea delle sostanze chimiche (Reach). In quell’occasione Gloria consegnò i dati di produzione del pfoa. “Durante questo incontro – ha ricordato l‘ex dirigente – abbiamo illustrato e spiegato l’attività di Miteni, cosa fossero i pfas. Ero insieme al dottor Mario Mistrorigo (ex dirigente della Miteni che figura oggi tra gli indagati, ndr). Dopo questa riunione non abbiamo più avuto incontri con la dottoressa, non so come proseguì il rapporto”.

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In quei mesi di dialogo con le istituzioni pubbliche, il medico Giovanni Costa proseguì il suo lavoro internazionale, producendo all’ inizio del settembre 2007 una relazione inviata al teste Gloria e all’ex dirigente Miteni Fabio Esposito. In questo lungo documento, contenente una serie di studi presentati nel meeting di Toronto organizzato con le altre produttrici, il medico Miteni Costa scrisse: “Appare abbastanza curioso che nonostante le concentrazioni ematiche di pfoa molto diverse nei tre gruppi (12 microgrammi per litro nei lavoratori Miteni; circa 5 nei lavoratori Solvay, e circa 1 nei lavoratori DuPont), ci sia lo stesso leggero effetto sui lipidi. In altre parole, una certa interferenza con il metabolismo dei lipidi appare apprezzabile a qualsiasi concentrazione”. Costa domandò di potere effettuare uno studio sulla possibile interferenza dei pfas nel sistema epatico, ma Gloria diede parere contrario al finanziamento motivando la richiesta del medico interno come “fine accademico e non utile alla presa di coscienza della salute degli operai Miteni”.

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