Lo scarico dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo sul fiume Bormida
Lo scarico dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo sul fiume Bormida

Pfas nelle acque di scarico: Solvay costretta a fermare la produzione in Italia

I valori del composto cC6O4 misurati sul fiume Bormida non rispettano i limiti di legge. Per lo stabilimento di Alessandria è la seconda interruzione forzata negli ultimi quattro anni

Laura Fazzini

Laura FazziniGiornalista

10 giugno 2024

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Venerdì 7 giugno la Provincia di Alessandria ha fermato i macchinari della Solvay Syensqo di Spinetta Marengo, la multinazionale belga che produce il composto cC6O4, una sostanza pfas che l’Europa vuole mettere al bando per la sua pericolosità. Le due diffide sono scattate dopo il superamento dei limiti di legge imposti per le sostanze perfluoro alchiliche, che oltre una certa soglia hanno effetti negativi sulla salute degli esseri viventi e dell’ecosistema.

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Le diffide si riferiscono, la prima, alle sostanze scaricate nel fiume Bormida, la seconda,  alla contaminazione dei suoli, i 130 ettari interni allo stabilimento. Secondo la Provincia, Solvay non avrebbe rispettato l’autorizzazione integrata ambientale (Aia), che si basa su prescrizioni necessarie a non compromettere irrimediabilmente il territorio dove risiede la comunità limitrofa allo stabilimento, il sobborgo alessandrino di Spinetta Marengo.

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La Provincia aveva già fermato la produzione della Solvay una prima volta nel febbraio 2021, con un provvedimento che all’epoca era stato firmato dal dirigente Claudio Coffano. Questi, dopo avere autorizzato la produzione di cC6O4, appena due giorni dopo era tornato sui suoi passi quando Arpa Alessandria aveva fatto notare che la sostanza non era mai stata ufficialmente autorizzata.  Il composto cC6O4 è stato ideato da Solvay dal 2013 per produrre l’Aquivion, utilizzato principalmente per realizzare le membrane semipermeabili presenti all'interno delle celle a combustibile e gli elettrolizzatori, che convertono l’energia elettrica in energia chimica.

I due atti amministrativi sono arrivati a distanza di tre mesi dall’autodenuncia della società, che aveva ammesso l’esistenza di un problema interno di contaminazione da cC6O4. Da allora, la Provincia ha dovuto attendere i dati prodotti dall’Arpa di Alessandria, l’Agenzia regionale che protegge e tutela l’ambiente.

Lo stop per lo scarico nel Bormida, il caso delle schiume

Dietro lo stop allo scarico nel fiume Bormida vi è la decisa presa di posizione della cittadinanza. Il 17 maggio scorso, infatti, Arpa Alessandria ha ricevuto la denuncia di un residente, che ha notato una strana schiuma nelle anse del corso d’acqua, proprio dove arrivano gli scarichi del Consorzio trattamento effluenti di Solvay. Si tratta di uno scarico autorizzato che, secondo la normativa regionale, da febbraio 2024 nn deve superare i 500 nanogrammi per litro di cC6O4.

Il 17 maggio Arpa Alessandria ha ricevuto la denuncia di un residente, che ha notato una strana schiuma nelle anse del corso d’acqua, proprio dove scarica il Consorzio trattamento effluenti di Solvay

Arpa ha quindi prelevato un campione di schiuma e dalle successive analisi è emerso il superamento del limite di presenza di cC6O4 di oltre il doppio del consentito, ossia un valore pari a 1210 nanogrammi per litro. Valore che è sceso a 680 nanogrammi per litro nei giorni seguenti (il 20 maggio), rimanendo comunque fuorilegge. La schiuma era già stata analizzata un mese prima (a metà aprile), ma in quel caso le concentrazioni non avevano destato preoccupazione. A preoccupare erano stati, invece, i valori misurati in una vasca interna allo stabilimento, utilizzata per ripulire dai pfas le acque prelevate dai pozzi della fabbrica.

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Lo sforamento era stato denunciato dalla stessa Solvay, con il Dipartimento per l’ambiente della Provincia che aveva obbligato la società a scaricare l’acqua contaminata dei pozzi in una vasca apposita (denominata A101B), così da ottenere un doppio filtraggio prima di riversare nel Bormida.

Tra le analisi di aprile e quelle di maggio Arpa non ha prodotto alcun dato sulla presenza di pfas nello scarico o nella vasca interna. Inoltre, l'Agenzia ha consegnato solo il 5 giugno i dati che aveva raccolto al 20 maggio, vale a dire oltre due settimane dopo dalla rilevazione dei valori anomali nello scarico. "Il tempo fisiologico per elaborare i dati", secondo il direttore generale di Arpa Piemonte Secondo Barbero. È stato proprio il superamento rilevato a maggio a far scattare l’ordinanza provinciale, che obbliga adesso Solvay a bloccare lo scarico nel Bormida, almeno fino a quando il valore non raggiunga i 500 nanogrammi per litro.

Valori alle stelle nei suoli dello stabilimento

La seconda diffida nei confronti dell’unica produttrice di pfas in Italia riguarda i valori elevati registrati nei suoli interni al polo chimico. Dopo l’autodenuncia di Solvay per i valori anomali riscontrati nel pozzo G  dello stabilimento – fino a 250mila microgrammi per litro di solo cC6O4 – la società ha realizzato tre nuovi rilievi per capire se intorno a quel pozzo vi erano ulteriori anomalie.

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Un campione del suolo dove sorgono i tre nuovi pozzi è stato raccolto anche da Arpa Alessandria e dalle analisi sono emersi valori elevati dei pfas prodotti e utilizzati da Solvay: pfoa, cC6O4 e Adv. I dati sono stati consegnati prima alle istituzioni locali e poi alla procura di Alessandria. Fino a oggi Arpa aveva campionato il suolo solo nei campi agricoli esterni, trovando soprattutto tracce di Adv N2 (fino a 15 microgrammi per chilo). I valori riscontrati nei tre nuovi piezometri interni sottostanti il reattore E, chiuso da Solvay nel marzo 2024, raggiungono numeri impressionanti.

Un campione del suolo dove sorgono i tre nuovi pozzi Solvay è stato raccolto da Arpa Alessandria e dalle analisi sono emersi valori elevati dei pfas prodotti e utilizzati da Solvay: pfoa, cC6O4 e Adv

Il composto cC6O4, che aveva fatto scattare l’autodenuncia, arriva a quasi 2mila microgrammi per chilo alla profondità di 3 metri. Nello stesso piezometro e per la stessa profondità si attesta anche il valore più alto di pfoa, cancerogeno a detta della società dismesso nel 2013: 129 microgrammi per chilo. Se per il cC6O4 e ADV ad aprile la Regione Piemonte ha chiesto ai ministeri dell’Ambiente, della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità di comunicare un limite soglia (si attende ancora una risposta), per il pfoa è possibile quantificare il danno anche grazie alle esperienze raccolte in Veneto, dove sorgeva la fabbrica Miteni, specializzata nella produzione proprio di pfoa, venduti in Europa e anche alla Solvay.

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Durante le indagini sulla contaminazione da pfas provocata dalla società di Trissino, il Nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri di Treviso aveva chiesto e ottenuto il limite del pfoa per i suoli, 15 microgrammi per chilo. I 129 microgrammi in uno dei nuovi piezometri di Solvay è quindi un dato nove volte superiore al limite imposto dall’Istituto superiore di sanità (Iss) nel 2019 per Miteni.

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Il dato più eclatante riguarda, però, la miscela di composti pfas Adv N2 – prodotta dagli anni ’90 e la cui dismissione è stata annunciata per il 2025 – arrivata a 2600 microgrammi per chilo nel suolo prelevato a una profondità di appena un metro. Il fatto che sia presente a livello così superficiale sarebbe dovuto alla sua scarsa solubilità con l’acqua, che rende difficile la discesa verso gli strati più bassi del terreno. Pfoa e Adv non sono menzionati nella diffida provinciale come singoli valori.

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Nel provvedimento si legge, infatti, che “i risultati di Arpa (...) evidenziano anche la presenza di concentrazioni elevate di altri pfas (pfoa e Adv-Mfs), con distribuzioni verticali differenziate a seconda della molecola. Tali concentrazioni, ragionevolmente non correlabili all’evento del reattore E, sono indice di una situazione che richiede un urgente approfondimento”. La Provincia ha concesso un mese di tempo a Solvay per redigere un piano di sondaggi anche per i terreni interni all’intero stabilimento, con l’obiettivo di individuare altre possibili zone contaminate.

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