20 dicembre 2024
Il 23 dicembre di quarant’anni fa il treno Rapido 904, partito dalla stazione di Napoli e diretto a Milano, esplose mentre attraversava la grande galleria dell’Appennino, a metà strada tra Firenze e Bologna. Nell’attentato morirono 16 persone, compresi tre bambini di 4, 9 e 12 anni. Oggi della strage non rimane che un flebile ricordo. Non esiste nessun pezzo di lamiera accartocciato custodito in una teca di vetro da mostrare alla gente, e neppure un orologio fermo alle 19.15, il momento in cui la deflagrazione cancellò l’intera carrozza numero nove di seconda classe.
Un Paese bambino di fronte alle stragi
La stessa galleria dove il convoglio saltò in aria è una sorta di non luogo, che rende impossibile una commemorazione sul posto. E così ogni anno, grazie all’impegno di pochi, alla stazione di Napoli viene organizzata una cerimonia in memoria delle vittime, anche se la città partenopea non ha mai avuto il trasporto emotivo che invece si respira altrove per altre commemorazioni.
La galleria dove il convoglio saltò in aria è una sorta di non luogo, che rende impossibile una commemorazione sul posto
Perfino gli storici faticano a collocare la strage in un periodo definito. L’attentato avviene quando, per convenzione, si ritiene conclusa la Strategia della tensione – l’ultimo episodio è la bomba esplosa alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980 – e anticipa lo stragismo mafioso degli anni Novanta. È un evento a sé stante, una sorta di cerniera tra due stagioni macchiate di sangue.
Questa indeterminatezza, insieme a una certa volontà di rimuovere l’accaduto e insabbiare l’identità di responsabili rimasti anonimi, fanno sì che la storia sia rimasta sospesa nel tempo. E questo quarant’anni dopo provoca ancora dolore.
Lo storico Alexander Hobel, autore insieme a Gianpaolo Iannicelli del libro La strage del treno 904. Un contributo delle scienze sociali conosce a menadito la vicenda. Per provare a comprenderla è necessario inquadrare il momento storico, ricco di avvenimenti e assai controverso.
“Nell’84 il contesto sociale e politico era molto vivace, teneva banco il confronto sulla scala mobile (il meccanismo di adeguamento automatico del potere d’acquisto dei salari, ndr) e dopo la morte di Enrico Berlinguer, alle elezioni europee, per la prima e unica volta in una tornata elettorale su base nazionale, il Pci si era affermato come primo partito. Il boss mafioso Tommaso Buscetta era stato estradato e le sue rivelazioni a Giovanni Falcone porteranno al maxiprocesso di Palermo, mentre il giudice Felice Casson indagava sull’organizzazione paramilitare Gladio e si avviava alla conclusione il lavoro della commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, presieduta da Tina Anselmi. In altre parole, stava emergendo quello che Francesco Biscione definisce ‘il sommerso della Repubblica’ e questo nuovo clima metteva in allarme non soltanto Cosa nostra ma anche entità più o meno oscure, la zona grigia fatta di intrecci e rapporti inquietanti”.
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Nei processi per la strage del Rapido 904 sono state condannate soltanto due persone: il boss mafioso Pippo Calò e il suo braccio destro a Roma Guido Cercola, che nel 2005 si è impiccato nel carcere di Sulmona. “Il ruolo di Calò è fondamentale – osserva Hobel – perché era il collante tra Cosa nostra e gli altri poteri. Di sicuro, non avrebbe potuto dare il via all’attentato senza l’avallo di quei settori deviati dei servizi, di quel sommerso a cui era legato”.
Per la strage sono state condannate solo due persone: il boss mafioso Pippo Calò e il suo braccio destro a Roma Guido Cercola, che nel 2005 si è impiccato in carcere
Fra l'altro, l’attentato avvenne nello stesso luogo dove, nella notte tra il 3 e 4 agosto del 1974, fu fatto esplodere il treno Italicus. Non una casualità, semmai un chiaro messaggio rivolto alle forze democratiche che stavano tentando, seppure a fatica, di ripristinare a più livelli la legalità. “Il segnale doveva raggiungere più destinatari, ha più significati e sensi – aggiunge Hobel –. Non possiamo accontentarci della verità giudiziaria, è un dovere capire chi vi fosse oltre a Calò e Cercola”.
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C’è poi l’assurda vicenda dell’artificiere tedesco Friedrich Schaudinn, in rapporti con Cercola, incaricato di produrre i congegni utilizzati nell'attentato. Arrestato dopo le indagini sulla strage, nel 1988, prima che si aprisse il processo di primo grado, riuscì a fuggire dai domiciliari e grazie all’aiuto dei servizi segreti italiani a espatriare in Germania, come confessò lui stesso nel 1993 durante una trasmissione condotta da Michele Santoro. “Schaudinn è una figura di alto livello – spiega Hobel – apparteneva a un network internazionale e questo elemento deve far riflettere, perché se la mafia avesse agito da sola si sarebbe certamente rivolta ai suoi uomini”.
La strage del Rapido 904 è stata sottovalutata e ha ricevuto una scarsa attenzione. “Anche la costruzione nazionale di una memoria ha stentato a decollare – fa notare lo storico –, basti pensare che alle commemorazioni non ha mai partecipato nessuna alta carica dello Stato”. Qualcosa di nuovo potrebbe emergere dalle nuove indagini avviate dalla procura di Firenze: la notizia, giunta lo scorso febbraio, ha sorpreso e non poco.
Secondo lo storico Hobel, la strage è stata sottovalutata e ha ricevuto scarsa attenzione. “Anche la costruzione nazionale di una memoria ha stentato a decollare"
Rosaria Manzo, figlia di un macchinista sopravvissuto all’attentato e da qualche anno presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage sul treno Rapido 904, non nasconde il suo stupore. “L'abbiamo saputo dai giornali, ora l'auspicio è che dopo quarant’anni qualcuno si decida a fare i nomi di chi organizzò la strage: sembra che tutti li conoscano ma nessuno abbia il coraggio di pronunciarli. Molti familiari non ci sono più e la vita dei superstiti è stata stravolta, credo sia giunta l’ora di mettere la parola fine a questa storia”.
Oltre che il 23 dicembre, ogni anno i nomi delle vittime del Rapido 904 vengono letti il 21 marzo, durante la Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie, e il 9 maggio, Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo.
“Forse questo essere da entrambe le parti rischia di risultare nulla”, osserva Manzo, che poi aggiunge: “Il Rapido 904 è stato smantellato nel silenzio generale, come se volessero cancellarne la memoria. Il governo non ha mai mandato nessun esponenete alla commemorazione di Napoli, neppure un ministro in tutti questi anni. Per la cerimonia del 23 dicembre, se fino a due anni fa il Comune pagava le spese per montare il palco all’interno della stazione, adesso anche quelle sono a carico nostro. A parte la fondazione Polis, nessuno offre un contributo, non penso serva aggiungere altro”.
“Il treno è stato smantellato, come se volessero cancellarne la memoria, e nessun esponente del governo ha mai partecipato alla commemorazione di Napoli", dice Rosaria Manzo
In attesa del messaggio firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella – “mi auguro che per ricevere il telegramma non sia necessaria una richiesta scritta, come mi è stato detto qualche anno fa dalla segreteria del quirinale”, ricorda con sarcasmo Manzo – le celebrazioni del 23 dicembre si apriranno alle 11 con la commemorazione a San Benedetto Val di Sambro (Emilia Romagna), la stazione più vicina al luogo della strage.
Alle 12 inizierà la cerimonia a Napoli, con la lettura dei nomi delle vittime a partire dalle 12.55, l’ora in cui partì il treno. Gli stessi nomi saranno poi letti a Roma, Firenze, Vernio, San Benedetto Val di Sambro (alle 19.08, l’ora dell’esplosione), Bologna e Milano, dove i passeggeri erano diretti per festeggiare il Natale. Che per loro non è mai arrivato.
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