Fabiana Dadone (Foto Governo - licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT)
Fabiana Dadone (Foto Governo - licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT)

Droghe, Dadone (M5s): "La Fini-Giovanardi ha fallito. Ora c'è un bilancio"

Il Piano di azione nazionale dipendenze 2022-2025, figlio della Conferenza sulle droghe di Genova, è pronto. La ministra uscente ne anticipa a lavialibera alcuni contenuti, promettendo di inserirlo in un decreto ministeriale prima di lasciare l'ufficio. Al successore: "Non sprechi il lavoro fatto"

Rosita Rijtano

Rosita RijtanoGiornalista

Aggiornato il giorno 26 settembre 2022

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Vorrebbe essere a inizio mandato, Fabiana Dadone (M5s), invece sta per lasciare il suo ruolo di ministra per le Politiche giovanili con la delega alle politiche di prevenzione, monitoraggio e contrasto alle droghe. Quest’ultimo incarico, prima di lei vacante da anni, le ha dato “soddisfazioni inaspettate”, dice. Eppure, sembra che non molto sia cambiato: “Non è così – ribatte Dadone –. Oggi possiamo dire, senza paura di strumentalizzazioni, che la Fini-Giovanardi ha fallito: lo dimostra il bilancio fatto dal nuovo Piano di azione nazionale dipendenze 2022-2025 (Pand)”. Un documento a cui hanno lavorato 271 esperti del settore dipendenze, figlio della Conferenza nazionale sulle droghe di Genova del novembre 2021. Ora il testo è pronto. Anticipandone a lavialibera alcuni contenuti, Dadone promette di inserirlo in un decreto ministeriale prima di lasciare il proprio ufficio, e al successore chiede di “considerarlo un lavoro collettivo, spogliandosi dei panni del partito”.

Onorevole Dadone, che situazione ha trovato quando le è stato affidato l’incarico?
L’ufficio era rimasto vacante a lungo e l’intero dipartimento mancava di una guida politica in grado di dare un input. La Conferenza nazionale sulle dipendenze è stata il primo passo.

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Quale insegnamento personale ha tratto dalla Conferenza?

"Esistono dipendenze che non sono legate a sostanze ma ne hanno gli stessi costi sociali e le stesse conseguenze disastrose sulla vita degli individui e delle loro famiglie. Dodici anni di silenzio in materia sono stati deleteri"

Il settore è provato dai tagli che hanno riguardato sia la sfera pubblica sia quella privata: tanto le comunità di accoglienza quanto i Servizi per le dipendenze patologiche non hanno le risorse sufficienti e faticano a fornire servizi adeguati alla domanda, sempre più articolata. Si avverte l’esigenza di offrire dei corsi di aggiornamento universitari al personale. L’intero approccio alla questione va ripensato, spostando il focus dall’utilizzo di una droga a tutto ciò che può spingere una persona a farne uso. È importante iniziare a considerare la dipendenza in ottica comportamentale. Esistono dipendenze che non sono legate a sostanze ma ne hanno gli stessi costi sociali e le stesse conseguenze disastrose sulla vita degli individui e delle loro famiglie. Dodici anni di silenzio in materia sono stati deleteri. È mancato un bilancio su come abbia funzionato il Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope del 1990 (la cosiddetta legge Fini-Giovanardi, ndr).

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E come ha funzionato?
Non ha funzionato. Non ha ridotto il consumo di sostanze stupefacenti che, anzi, è diventato sempre più eterogeneo e complesso con la comparsa sul mercato di nuovi tipi di droghe. La legge adottava un approccio paternalistico e aveva un movente politico preciso: aggredire le droghe leggere. Il testo ha avuto ripercussioni negative a cascata sulle comunità, sul sistema penitenziario e su quello giudiziario. Non è un’opinione personale: lo dimostra il bilancio del Piano di azione nazionale dipendenze 2022-2025 (Pand), elaborato in quest’ultimo anno da 271 esperti che lavorano nel settore. Mi chiedo se non farlo fino ad ora sia stata una scelta strategica.

Non molto è cambiato, però.
Non è così: la Conferenza è stata l’occasione per iniziare una riflessione che ha dato i suoi frutti nel Piano. Ora c’è un documento che testimonia il fallimento della Fini-Giovanardi e traccia la linea. Il tema non può più essere strumentalizzato. 

"Ora c’è un documento che testimonia il fallimento della Fini-Giovanardi e traccia la linea. Il tema non può più essere strumentalizzato"

Tornando alla Conferenza, alcuni l’hanno attaccata definendola ”un’inutile vetrina” e organizzato una Fuori conferenza. Tra le critiche, la decisione di escludere l’uso ludico della cannabis dai temi ufficiali. Perché quella scelta?
Volevo evitare strumentalizzazioni dato che, fin dal momento del mio insediamento, sono stata attaccata dal centrodestra per aver firmato una proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis. Ma il tema è stato toccato in molti tavoli. 

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Il deputato Riccardo Magi ha anche lamentato la continuità delle politiche sul tema da parte del governo Conte II rispetto al Conte I.
Il Movimento non ha mai cambiato linea ed è tra i pochi partiti ad aver inserito la depenalizzazione delle droghe leggere anche nel programma elettorale delle ultime politiche. Ma abbiamo governato con altri, subendo molte frizioni in materia. Ecco perché per me è molto importante che sia stato fatto un bilancio oggettivo, non ideologico.

Che ne pensa della bocciatura del quesito referendario sulla cannabis da parte della consulta?
Credo che lo strumento del referendum popolare non sia sufficiente ad arrivare a depenalizzare la coltivazione di cannabis ed eliminare le pene detentive. L’inammissibilità pronunciata dalla Consulta ha indicato criticità sui riferimenti che riportavano a tabelle di droghe non leggere per una sorta di intrecci tra commi. Così come emerso durante i lavori della VI Conferenza Nazionale Dipendenze – Oltre le fragilità, il Testo unico sugli stupefacenti del 1990 va aggiornato. In trentadue anni il mondo delle droghe è cambiato. Per questo motivo nel Pand abbiamo inserito Ie proposte di modifiche normative elaborate dagli esperti. Anche se non costituiscono parte integrante del Piano, credo che siano una buona base di partenza per riformare la legge. 

"Ci sono delle zone d’Italia all’avanguardia in cui una madre può trovare dei servizi per la cura delle dipendenze e il reinserimento socio lavorativo. Altre in cui questo diritto manca"

Ci può dare qualche anticipazione del Piano? 
È stato innovativo fin dal metodo partecipativo con cui è stato costruito. Lo sviluppo di una piattaforma web dedicata ha reso possibile, nella trasparenza, la strutturazione di un documento condiviso dai 271 esperti che hanno preso parte al processo di costruzione del Piano, coinvolgendo anche le associazioni delle persone che usano droghe (Pud). Il documento conta oltre 400 pagine e abbraccia settori trasversali: dalla cannabis a uso medico, per cui viene chiesto di rafforzare la cooperazione tra le istituzioni coinvolte nel rilascio delle autorizzazioni necessarie, al contrasto del narcotraffico, passando per la richiesta di rendere strutturale la partecipazione dei chi fa uso di droghe nella programmazione dei dipartimenti e dei servizi per le dipendenze. Prevede la ristrutturazione dei servizi anche utilizzando lo strumento del budget di salute, già sperimentato in altri ambiti sociosanitari, che mette al centro la persona, le sue esigenze e la sua dignità. Punta a far sì che le misure di limitazione dei rischi e di riduzione del danno e del rischio, inserite dal 2017 nei livelli essenziali di assistenza, siano uniformi in tutte le regioni, dove esistono ancora profonde disparità. Viene chiesto di portare le risorse economiche per la presa in carico di un tossicodipendente allo stesso livello in ogni territorio e anche di uniformare l’offerta. Ci sono, per esempio, delle zone d’Italia all’avanguardia in cui una madre può trovare dei servizi per la cura delle dipendenze e il reinserimento socio lavorativo. Altre in cui questo diritto manca.  

Quali sono le emergenze da affrontare? 
Incentivare le misure alternative alla detenzione, il tema del sovraffollamento carcerario è ancora importantissimo. Le disparità regionali vanno appianate, bisogna investire in campagne educative rivolte ai cittadini, ma anche nella formazione del personale che si occupa di dipendenze.

"Prima di lasciare l’ufficio inserirò il Pand in un decreto ministeriale ma la sua attuazione dipenderà dal mio successore, cui chiedo di spogliarsi dei panni di partito e considerare il lavoro fatto come un lavoro collettivo"

Che fine farà il Piano?
Prima di lasciare l’ufficio lo inserirò in un decreto ministeriale ma la sua attuazione dipenderà dal mio successore.

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Che cosa gli/le chiede?
Di spogliarsi dei panni del partito e considerare il lavoro fatto come un lavoro collettivo a cui hanno partecipato tutti gli esperti che lavorano nel settore delle dipendenze. E poi: maggiore attenzione alle comunità, trascurate in questi anni. Esistono realtà meravigliose che andrebbero valorizzate. 

Crede e teme che il suo successore possa essere più conservatore? 
Credo che sarà più conservatore. 

Ma lo teme anche?
Lo temo anche.

*Quest'articolo è stato aggiornato per correggere il numero di esperti coinvolti nell'elaborazione del Pand: sono stati 271 e non 217 come riportato inizialmente

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