Greta Thunberg. Foto: Wikipedia
Greta Thunberg. Foto: Wikipedia

La politica del coniglio bianco

La transizione ecologica è una sfida economica e culturale, che lobby industriali e fossili tentano di orientare a loro favore

Elena Ciccarello

Elena CiccarelloDirettrice responsabile lavialibera

21 febbraio 2022

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Grande è la confusione quando si parla di crisi climatica e di soluzioni per affrontarla. Era il 2019 quando la neoeletta presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, annunciava il Green deal europeo, ossia l’intenzione di fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Pochi mesi dopo, con la pandemia e il NextGenerationEu, quella priorità si è tradotta nell’obbligo di impegnare in obiettivi climatici gran parte dei fondi per la ripresa post covid. Fissato lo scopo, la partita su come realizzarlo è quindi passata ai singoli Paesi.

Che cos'è la transizione ecologica?

È a quel punto che il sogno di un mondo pulito, sano e giusto ha dovuto farei conti con la realtà. Le lobby industriali e fossili, da sempre particolarmente attente alle questioni climatiche, si sono messe al lavoro per condizionare la transizione a loro vantaggio, dettandone tempi e modi, con l’intenzione di ridurre al minimo le perdite e di massimizzare le occasioni di business. La loro delegazione era la più numerosa tra quelle presenti alla Cop26 di Glasgow

In un mondo in cui i rapporti fra pubblico e privato sono sbilanciati a favore di quest’ultimo, è facile immaginare quale sia stato il loro peso sulle decisioni finali. D’altro canto, in pieno delirio tecnico-efficientista, anziché riaprire gli spazi di confronto e partecipazione, la politica ha affrontato l’ansia emergenziale con la tattica del coniglio bianco: è tardi, è tardi, ora bisogna fare, le spiegazioni sono rimandate. Un ottimo modo per andare avanti nascondendo ritardi, ostacoli e anche una certa impronta dispotica. 

Nel moltiplicarsi di sigle e di astrusi documenti tecnici, e in assenza di un confronto pubblico, i cittadini si trovano adesso in balia sia delle narrazioni istituzionali che della propaganda capitalista. Come un’Alice smarrita in un mondo di meravigliose promesse, pronte a trasformarsi nel peggiore e reale degli incubi.

Alla Cop26 il discorso di Mia Mottley non è stato il solito "bla bla bla"

In fondo, il polemico “bla, bla, bla” con cui Greta Thunberg ha liquidato gli accordi di Glasgow, può essere considerato la reazione stanca ai fiumi di retorica che rendono inafferrabile ciò che accade realmente. Le parole con cui è raccontata questa svolta epocale sono troppo spesso interessate e fuorvianti, perciò abbiamo ritenuto importante partire da alcuni punti fermi, senza omissioni. Emissioni zero vuol dire che smetteremo di produrre gas serra? I finanziamenti pubblici previsti per i prossimi 10 anni saranno sufficienti a creare le tecnologie pulite necessarie alla transizione? I piani del Pnrr italiano sono sempre coerenti con gli accordi internazionali? La nostra produzione di energie alternative sta crescendo con ritmi adeguati? No, no, no, no. 

L'industria fossile è l'elefante nella stanza

Il Green deal europeo e il nostro Pnrr sono sfide belle e potenzialmente rivoluzionarie. A patto che gli obiettivi siano realmente perseguiti e di ignorarne la retorica, che anestetizza l’urgenza, i conflitti e la possibilità di capire quale futuro ci attende davvero.

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